sabato 31 dicembre 2011

This's England.


"Don't Give Up"
in this proud land we grew up strong
we were wanted all along
I was taught to fight, taught to win
I never thought I could fail

no fight left or so it seems
I am a man whose dreams have all deserted
I've changed my face, I've changed my name
but no one wants you when you lose

don't give up
'cos you have friends
don't give up
you're not beaten yet
don't give up
I know you can make it good

though I saw it all around
never thought I could be affected
thought that we'd be the last to go
it is so strange the way things turn

drove the night toward my home
the place that I was born, on the lakeside
as daylight broke, I saw the earth
the trees had burned down to the ground

don't give up
you still have us
don't give up
we don't need much of anything
don't give up
'cause somewhere there's a place
where we belong

rest your head
you worry too much
it's going to be alright
when times get rough
you can fall back on us
don't give up
please don't give up

'got to walk out of here
I can't take anymore
going to stand on that bridge
keep my eyes down below
whatever may come
and whatever may go
that river's flowing
that river's flowing

moved on to another town
tried hard to settle down
for every job, so many men
so many men no-one needs

don't give up
'cause you have friends
don't give up
you're not the only one
don't give up
no reason to be ashamed
don't give up
you still have us
don't give up now
we're proud of who you are
don't give up
you know it's never been easy
don't give up
'cause I believe there's the a place
there's a place where we belong

ai minatori inglesi non è servito a molto, ma è maledettamente valido. auguri a tutti per il 2012.    

venerdì 16 dicembre 2011

Natale è alle porte, nel solito supermercato

Desidero comprare un panettone, l'ho detto già che sono un conservatore, siamo in coppia un sabato qualunque.
Io : “ecco qua che ne dici se ci portiamo a casa un bel panettone che fa tanto Natale ? ” Lo dico mentre penso a come gli sarà venuto in mente al panettiere cinquecentesco, chissà da dove deriva e perché si chiama cosi.... e che di bello a Natale c'è proprio una abbondanza di dolci, su cui si può tenere la conversazione per ore, ai bambini che ne ingoiano quintalate fino a sentirsi male...
Annie : “ma con tutti questi grassi non pensi che aMMangiare” pensando probabilmente ai pantaloni nuovi e alla pancia che verrà, “dopo tutto quello che ti ingoi anche il dolce”…
Io: “io non ingoio, e quali grassi, la cena di Natale è a base di pesce” penso nel mentre alle mani appiccicose di pesce, ai pantaloni una taglie in più di velluto e comodi che uso a Natale, a chi se ne frega della pancia, avrò due kili in più a vacanze finite e manco ne sono sicuro.
Annie : “si ma tu lo sai che io non mangio il pesce e neanche i canditi” e pensa a troppe cose per scriverle.
Io: “va bene tu compra pure un dolce “senza” ma a me l'uva passa e i canditi piacciono così è fatto il panettone”. Nel mentre immagino un pasticcere nel castello Sforza che impasta mentre l'aiuto gli suggerisce di mettere prugne o carciofi nel dolce....
Annie : “si ma solo a te piacciono” nel mentre pensa al catalogo delle amiche schizzinose e bercianti, a una mandria di anguille bulimiche dalla dieta forzata...
Io penso - Tanto meglio lo mangio da solo ! - invece dico : “sono loro gli altri gli strani, è da - esagero un pochino – duemila anni che si mangia il panettone con i canditi e l'uva passa”- anche io so che i re magi non l'hanno mangiato -“condivido con te magari che spesso i canditi sono di pessima qualità, ma mangiare un panettone senza è da deficienti, questo è inconfutabile”.
Annie sfida: “io compro questo” acchiappa un pòliffo panettonesco E LO METTE NEL CARRELLO.
Io maledico il signor packaging che avrà sicuramente le sue buone ragioni ma con quale ragionamento ha prodotto un panettone e ne mischia liquore a caso limone cioccolata di tre tipi in un Pandoro con glassa e con di margherina e non so cosa altro. Mi chiedo se non prova la benché minima vergogna. Dormirà tranquillo la notte ? Non lo perseguiteranno quelli di Slowfood ? Sua nonna non gli apparirà nel sonno urlandogli “pentiti” ?.
Io: “ma un torrone invece” penso di salvare il salvabile.
Annie quello de L'Aquila? Starà pensando vabbè fallo contento una volta.
Io, cedo : “si quello che piace a tua madre” resa totale.
Annie : “Però io il panettone lo prendo lo stesso se viene qualcuno”.
Io no, meglio di no, tanto poi sai come va a finire melo devo mangiare io perché tu vai in fissa che non ti entrano i pantaloni, a me fa schifo 'sta roba mischiata a caso, io a casa non lo porto, punto!” e penso esattamente quello che ho detto.
Insieme: “e se prendiamo un vino?”.

martedì 15 novembre 2011

Il confine di Jean Morris


Jean Morris: ricordo di aver affrontato il confine una domenica sera mentre ero in viaggio verso il Montenegro, al tempo della guerra fredda, quando la Jugoslavia di Tito era un pertugio nella cortina di ferro. Centinaia di italiani dell'Istria arrivavano a Trieste nei fine settimana per fare acquisti o andare atrovare parenti all'ora del rientro le loro auto si avviavano verso il valico incolonnandosi in lunghe lunghissime file: i motori pulsavano, le vetture avanzavano di qualche spanna poi si arrestavano, in silenzio, mentre scendeva l'oscurità, in attesa di affrontare la sfida dei gendarmi e dei doganieri dela repubblica federativa socialista. Per gli istriani si trattava di una cosa abituale. Qualcuno aveva allestito un posto di ristoro sul pianale dell'autocarro, dove si offrivano panini e caffè. Alla fine giunsi anch'io al posto di frontiera. L'illuminazione era fioca. Un funzionario con la stella rossa sul berretto sul berretto fece segno di volere il mio passaporto, senza proferire parola, ed esaminò lentamente ogni pagina.poi me la restitui, senza un sorriso e senza muovere un solo muscolo della faccia, fissandomi tetro. “su con la vita” azzardai. “Faccia buon viaggio” rispose, e mi fece cenno di andare....

Nella memoria dei goriziani uno dei simboli più evidenti della guerra fredda fu la stella rossa collocata sul frontone del palazzo della stazione, accompagnata dalla scritta in sloveno “Mi gradimo socializem” «Noi costruiamo il socialismo». A seguito dell' indipendenza slovena, venne dapprima addobbata come una stella cometa in occasione del Natale, e successivamente rimossa, ed oggi è conservata all'interno della stazione.


Don Giuseppe:
Nella sua chiesa don Giuseppe Bandera conserva due oggetti decisamente inusuali: “fanno parte della nostra storia” osserva. Negli anni trenta a memoria della vecchia dominazione e a celebrazione del nuovo, Venezia regala a Caisole un leone di San Marco che viene collocato in pompa magna su di un piedistallo. Finita la guerra inizia il ricordo del parroco “ Nel 1945 i partigiani hanno rotto il naso e un ala al leone, lo hanno buttato giù dal piedistallo e sepolto in un fossa”. La vicenda a questo punto assume un po' i contorni di una disputa tra don Camillo e Peppone, anche se, un prete che si contrappone al potere politico rischia molto di più in jugoslavia che non nell' Italia democristiana.- “dopo parecchi anni vedo gli operai che stanno rompendo il selciato. Mi dicono che devono ritirar fuori il leone. Chiedo dove lo devono mettere e loro non rispondono. Arriva il sindaco gli chiedo dove vuole mettere il leone, neanche lui risponde. Allora gli dico lo tengo io mettetelo in chiesa”. Cambiano i tempi e cambiano i simboli, nel 1945 al posto del leone era stata collocata una stella rossa, a onore e gloria della jugoslavia comunista. Un simbolo del quale il nuovo regime croato si vuole liberare in fretta. Cosi nel 1991 anche la stella viene rimossa. Don Giuseppe è sempre li, rivede la scena di quarantacinque anni prima e chiede agli operai dove intendono mettere la stella. La buttiamo via gli rispondono.”La tengo io. Così anche la stella entra in chiesa. La storia è storpiata tutti la tirano a sé noi siamo una terra di confine dove uno ti dice che sei italiano e non ti senti, uno ti dice che sei croato e non ti senti, a me va bene. Io sono prete e gli dico di essere cittadino del mondo”.
Alessandro Marzio Magno (Il leone di Lissa)

giovedì 10 novembre 2011

Ho sentito un profumo …


era di mare di mia nonna e di casa … mi ha fatto pensare a un piccolo porticciolo, a Rumiz al vento di terra a pinete a case in pietra e a una casa, non è una grande casa, non è neanche la mia, non ci sono mai stato. È stato un profumo in un giorno buio come sono tanti tra smog e operai del gas, tra gente che racconta scemenze e telefonate attese e mai arrivate. Torquemada addio, lasciati andare non capirà Torquemada non ti vuole ascoltare, lasciati andare. Dove sei? Chi sei? Che fai? Forse è perchè ho avuto una settimana terribile, forse è il sonno, la bulimia di un buon odore, forse è la settimana di raffreddore, l'acqua – tanta - che ho preso ieri, la terribile sensazione di essere quasi un morto, che non mi fa scrivere, forse sono le scommesse che non ho mai vinto, ma una casa che non posso avere perchè non è la mia. Un profumo che mi fa pensare a mio figlio e a che diavolo di odori sentirà lui domani. Odori che mi piacciono perchè mi mostrano una casa. Una casa piccola, sporca, con gli “scuri” chiusi e con le battute rammendate, il legno morso dalla salsedine, so dov'è so cos'è, ha i materassi di mais, la polvere degli anni, non l'abita nessuno da anni. Ma sono certo di sapere com'è fatta. Apro gli occhi sono davanti ad un bar, sto pensando a come mi sveglierò domani mattina alle sei, sudato e sempre in ritardo, eppure non è un sogno, lo vedo e mi piace. Io Odoro e Adoro quel posto. So dov'è, non potrò andarci mai, ne se riuscissi ad andare non potrei viverci, è un posto di grandi marinai e di vecchie signore che attendono pazienti chi non ritorna, è un isola incantata per quanto gli slavi la chiamino “l'isola dei Grifoni”. È una casa al centro di due isole, dove un antiquario mi chiese un a cifra spropositata per un orologio che non ho. Non ho una casa, non ho neanche più il figlio, non ho l'orologio, ne saprei dirti di che cosa sa quest'odore. 
Il tempo passa ed è stato feroce, passa se ne frega e affievolisce anche l'emozione, uccide la passione, cancella le promesse...  
ti prego fammelo sentire ancora...” non c'è ritorno, non la vedo, non la sento più. 
Mi parla, dice che l'ha fatto fare da tizio e dalla sorella, che lo usa da anni, ed una composizione di … ma non è più la stessa cosa, è un profumo in fondo.
Ma la casa c'è, l'ho vista
Scusa devo andare.           

martedì 27 settembre 2011

La Marcia della Pace 2011

ombrello?
Dei colleghi di Solo alla marcia della Pace 2011
Solo partecipa alla marcia della Pace 2011
Oltre 25 chilometri (ed è solo l'andata) a piedi una domenica di settembre  può sembrare uno sport estremo. Vedere tantissimi scout, emigranti e missionari e altre 200 mila persone è una bella sensazione. Solo ha partecipato con gioia a questa Marcia della Pace. C'era di tutto, bella gente, professionisti, insegnanti e scolaresche, sindacalisti, operai e padroni del vapore... Le sue impressioni ? Mi ha chiesto che senso ha fare la guerra? Gli ho detto che non lo so. In fondo in duecentomila e più assieme si stava benone, forse non c'erano tra di noi che esseri umani, ogni razza e religione era rappresentata, con diverse istanze, tutte valide e in fondo erano sempre le stesse: giustizia, libertà, dignità. Basta poco in fondo la guerra è figlia dell'egoismo. Solo è rimasto perplesso. A pensarci bene anche io.
  

sabato 24 settembre 2011

Romanità "Nomi in rubrica"

- Beh haji capito chi è che te dico?
- No, famme capi, stavi a dì ? , cioè. 
- Dico de er Prugna, o come oh chiami te, quello che giocava a pallone coo  Francesco er Macina... 
- Prugna?. Ma non se chiamavaaaa,  cosi, aspè ... forse ho capito
- E daje, è er fratello de Tira&molla, sai  quello che lavora dar Pertica a Fiumicino
- Ah,  mo' ho capito, c'è s'ho annato a magnà l'arltra sera, co Sandro
- E che t'ha fatto ?
- Un botto de pesce e dei gamberoni grossi come la cosce de Nela 
- E quanto scuce
- Beh sai semo tra amici e c'era pure Sandrino, na piotta c'ha levato, ma se ce vai così liscio e busso pure due tè eh leva, ma non sai che magnata
- Allora te dicevo co' er Prugna e Gigi stavamo annà da...  
-Ho capito chi mo m'è venuto: se chiama Giovanni Belli ?  
- Bravo Giovanni Belli ? Fammelo segna sur telefonino 
- See e quanno te 'o ricordi
- Beh che c'è vo alla riga ufficio me segno "er Prugna"


breve dizionario per non romani :
Sebino Nela calciatore della Roma  
Piotta unità di misura per centinaia
scuce - leva - estorce
tira e molla soprannome - indeciso - elastico
pertica - sellerone - pennellone - spilungone 

giovedì 15 settembre 2011

ll MIO BIO. Parte prima mio cuggggino


Non posso arrivare a concepire la pratica vegetariana. Io sono profondamente carnivoro. Ciò non toglie che ho un profondo rispetto della natura, e trovo inconcepibile lo scarto. Sono favorevole al Bio, che è in fondo più semplice per me che divenire vegetariano rinunciando alla carne.
Alcuni confondono le cose: il vegetariano è quell'individuo che del tutto o in parte non si nutre di prodotti derivati dal mondo animale, vivi o morti che siano, anche se tra loro alcuni (buddisti compresi) si nutrono di pesce e di uova. Ci sono poi i macrobiotici che hanno dalla loro una insipida (al gusto) complessa filosofia alimentare. Infine i vegani, che sono i più radicali e intransigenti, arrivano addirittura a non usare la lana, perché prodotta dallo sfruttamento delle pecore. Anche se utilizzando vestiario prodotto nel far est asiatico spesso sfruttando (inconsapevolmente sia chiaro) un altro animale cioè l'uomo. Comunque sono teorie degne di rispetto e meno dannose degli esperimenti nucleari, che godono da noi moderni consumatori sempre più adepti e simpatizzanti.
Il Bio è il prodotto dalla terra, cioè biologico, naturale. E fin qua...
Nei tre negozi specializzati in Bio in cui sono entrato ho trovato invece delle cose che mi hanno lasciato perplesso: Il Tofu (una cosa per me orribile) buono a mio avviso per kung fu panda, o le bistecche di Soia altra porcheria che poco ha a che vedere con la terra, mi domando ma la Soia non è un baccello ?, e altre stramberie quali le brocche con il filtro per l'acqua ricche di nitrati (sulle quali non mi esprimo, spero riesca la magistratura a toglierle dal mercato), il tè giapponese coi legnetti, il pane di segale e avena e non so quale altro cereale e altre cosucce che con un contadino non so che c'entrino.
Tutte comunque molto lontane dalla mia cultura alimentare.
Ho una idea personale del Bio :
Mio nonno era coltivatore, coltivava un piccolo terreno con metodi arcaici , quindi presumo Bio. Faceva pochi trattamenti quali l'acqua ramata e la bordolese. Possedeva del bestiame, cavalli e mucche che producevano credo con piacere lo stabbio (la cacca), inoltre pascolavano in giro svariate galline (libere in genere) che azotavano il terreno. Con tutta questa cacca si concimavano pomodori e altre cose dell'orto che crescevano stortignaccole ma saporite. Si raccoglieva la frutta dagli alberi litigando con vespe e uccelli. Si mettevano trappole per lepri e fagiani. Le bestie mangiavano parte di ciò che producevano erba e fieno, i maiali scarti dalla mensa umana e il sottobosco se potevano. Le bestie così davano all'uomo questo potere di giudice pianificatore. L'uomo alleva coltiva e mangia. Non era una cattiveria era una necessità, una norma di sopravvivenza (civile). 

Tutti o quasi abbiamo dei cugini. Il mio era ed è più grande di me di circa tre anni. Egli possedeva un fucile ad aria compressa, con il quale sparava per diletto nel sedere delle galline, per farle saltare... che salti tre anche quattro metri sembrava volassero. I bambini si sa sono piuttosto crudeli nei loro giochi. Chiedo di sparare anche io. “guarda che devi prenderla nel sedere” mi dice passandomi il fucile. Miro bene al sederone del gallinaccio e sparo, BANG. La gallina anziché saltare, si volta ha un sussulto, si gira compie una piroetta e con un breve suono stridulo stramazza al suolo. Silenzio totale, TOTALE, nulla nemmeno un trattore, una motoretta, un aereo, un dannato vuoto, una pausa del mondo. Mio nonno esce in cortile vede il pollo steso a terra, morto. Ci chiama “chi è stato?”. Mio cugino, solidale come lo sono tutti i bambini, coerente col giuramento di sangue che mi aveva imposto (e che mi impone ancora oggi), non ha dubbi. Mi indica con il dito indice e dice : “LUI”. Mio nonno ha gli occhi infuocati è vagamente incazzato, non bestemmia solo perché non l'ha mai fatto e non vuole cominciare per colpa mia, ma temo mi dia un ceffone con quella palanca ruvida e callosa che corrisponde alla sua mano.
Invece mi guarda sogghigna:”vieni qua, sei stato tu ?” (primo esercizio di retorica). E' ovvio, il cugino è un pentito, mi ha denunciato, ho il fucile in mano, anche se non è fumante, è comunque un fucile, che dire “si mi spiace pensavo...” attendo una punizione...
Nonno non è sconvolto, non urla, è calmo (troppo) e mi dice: “bene è ora che prepari la cena”. Tutto qua ? Pensai “una pacchia”.
Non sapevo cosa intendesse con “cucini tu”.
In breve: sobbollire a sessanta gradi, spiumare la gallina, togliere le interiora, (i fegatelli e alcune interiora da parte vanno cucinate con l'aceto e mangiate col pane vecchio), metà in brodo compresa la cresta, il resto in forno con patate. L'avanzo pasticciato o in polpette o in insalata. E ho dovuto mangiarlo tutto e da solo. I polli di campagna, soprattutto quelli che razzolano il terreno sono duri grossi e interminabili se mangiati per punizione. Il puzzo delle piume bagnate e bruciate, le interiora, il sangue sulle mani, mi hanno lasciato la nausea verso il pollo per anni. Ci misi due giorni a finirlo , con mio nonno che aspettava e rideva.
Alla fine mi disse:”l'hai uccisa inutilmente non va sprecata”. “la mangi tutta” era la minaccia. Tutta è oggi la mia regola.



Haute Cousine la moda degli Chef


aglio olio e peperoncino
Quando decidete di provare una ricetta, vige una regola mai scritta - almeno che io sappia – sino ad ora, ma che è terribilmente efficace nel manifestarsi: “la grande cucina la fanno solo i Grandi Chef”, e non sempre riesce bene neanche a loro. Magari avete deciso di fare colpo su una ragazza simpatica e carina, o sul vostro/a collega d'ufficio, sul capo o sul senatore che raccomanderà vostro figlio, magari l'intento è quello di sperimentare e prendersi una rivincita sulle ultime tre bastonate al ristorante, care quanto inutili.

Al vostro primo tentativo di alta cucina casalinga: ignari di ciò che vi attende in seguito, leggerete dal manuale del grande chef la ricetta, le perfette dosi e le modalità di cottura. Farete una prova non impegnativa con un caro amico, con il vostro, la vostra compagna, financo con Vostra Madre (che comunque sia farà la faccia disgustata). Leggete il libro del Grande Maestro, escluderete per buonsenso le ricette che vi suggeriscono sale pakistano rosa vermiglio, cotture sottovuoto, abbattitori, carta lucido A3, trapani e punte da 12, disossamenti a freddo, pescato fresco del Caspio etc. etc., cioè tutto ciò che non è reperibile sul mercato o nello spazio di 100 chilometri. Passate così alla fase due, come indicato da Alan Bay (Cuochi si Diventa 01), accumulate sul banco in bell'ordine tutto il materiale necessario: Sale, pepe, spezie, cibario, etc.
Vi renderete conto solo in quel momento che non avete sufficienti coltelli o pentole idonee (suggerisco a questo punto di cambiare ricetta) ma se insistete allora con i dovuti accorgimenti potete comunque sperimentare:
Pag 39 " I Piccoli pesci azzurri del Mar della Cina pescati da Mao Tze Tung in persona, con glassa di pomodorini del Vesuvio colti nell'esatta posizione dell'eruzione fatale a Plinio, bagnati in noccioli d'oliva spremute dai piedi scalzi di una vestale celtica (o di un ciuchino sardo), con cipolle rigorosamente di Tropea mantecate alla moda di Pirro, ingraziosite da una setacciata di fermentazione di grano e acqua cotte con le fascine di potatura di ulivi centenari e tostate in un forno romano (pane grattato), gioioso ma rustico (finocchio selvatico), piccolo rettile sputafuoco (dragoncello), prezzemolo, rosmarino tutti rigorosamente colti all'imbrunire, bagnati da un vino biodinamico fermentato al naturale senza controllo della temperatura (aceto) - N.b. se arrivano alla spruzzata di balsamico buttate direttamente il libro, a tutto c'è un limite -.
Cioè un tortino di alici o un saor.
Sia mai, venga poggiato su di un letto di rucola. Indipendentemente da questa che sembra la ricetta più semplice di alta cucina (è nel menù solo per citarne un paio di Agata e Romeo, e della Ragnatela di Dolo) a seconda delle varianti a voi gradite. Tronfi, sicuri , motivati, concentrati al massimo realizzerete un CAPOLAVORO assoluto, chiunque lo assaggerà sarà felice, (compresa vostra madre). Voi fieri,sboroni penserete bene di riproporlo alla cena importante.
Qui si manifesta la maledizione dell'alta cucina. Alla seconda volta : forse per colpa dell'ingrediente mancante, della mancata pesatura del sale, del fatto che non sono pescate da Mao Tze Tung in persona, ma da un semplice monaco Battista Tibetano Copto, forse per l'eccesso di Prosecco che vi siete sparati mentre cucinavate, della telefonata dell'amica single e disperata, o del cane che abbaia, qualsiasi sia la vostra scusa nessuno, dico nessuno, mangerà il vostro tortino. E se lo mangeranno sarà orrendo.
Tutti in compenso si riempiranno dei fegatelli avanzati dalla sera prima messi a tavola riscaldati non si sa mai....
Il commento “buoni 'sti fegatelli l'hai presi in rosticceria ?”
...sarà il colpo definitivo alla vostra autostima.
Non c'è spalla su cui piangere è colpa vostra.
Un piatto riesce bene solo quando a forza di farlo non sapreste neanche scrivere la ricetta, lo fate e basta. Lo fate così: aprite il frigo e prendete le cose che stanno scadendo,che avete comprato perché vi piacevano al mercato, le cucinate e le insaporite con la speranza che vi ricordino il sapore dei piatti di vostra nonna. Servite quelli: senza letti di rucola, spruzzate di balsamico, salvo non siate di Modena, alla moda di Apicio, o di Carème, fate quello che sapete fare, e fatelo con amore, così la risposta sui fegatelli sarebbe:
provace a trovarli fatti così buoni, Vissani m'ha chiesto la ricetta, ma je l'ho negata ”. e ciccia.             

sabato 27 agosto 2011

il bar nel mare


Mi sono trovato a pensare l'osteria perfetta. Fanno bene gli inglesi a definire il bar o il club una Pubblic house, PUB appunto, un luogo d'incontro: aperto e accogliente come sarebbe la casa di un amico. Mario Soldati, durante i suoi viaggi ha sempre cercato un'osteria (senza hacca come Buzzi) con la speranza di trovarvi annesso il campo di bocce. Buzzi stesso cercava nel mentre il luogo dell'armonia e la buona compagnia. Qualche giorno fa è morto Gianni, del caffè del banco, un grande, scorbutico, toscanaccio prestato per caso a Perugia, un barman appassionato e colto, lo ricordo con piacere, purtroppo mi mancherà.
Che cosa è che fa un bar? Potrei dire che la discriminante prima è la posizione: Rosati a Piazza del Popolo, Sant'Eustachio al Senato, la terrazza del bar di un Hotel di Amalfi, l'Harry's di Venezia o Cipriani, l'Hotel de Russie … no, non credo, se è vero che ho frequentato bar per vicinanza e facilità, questi non sono i bar come li intendo io. Qui se anche sono andato, sono stato turista, avventore, cliente casuale, non ho interagito, almeno io in questi posti di solito consumo, pago e tanto basta. Una seconda discriminante, sono i clienti. Quello che i dementi del marketing definiscono il target. Chi frequenta “questo” bar, mi ci trovo bene? Mi sopportano? Un Bar serio ha una propria identità, dei personaggi fissi che lo animano o che vi transitano. Dei rapporti tra gestore e avventore consolidati nel tempo, delle confessioni e delle storie sue che si sviluppano nel tempo, delle trame, vite e racconti più o meno veri, più o meno interessanti. È talmente ovvio che Stefano Benni ne ha fatto addirittura un libro e che Claudio Magris lo usa come studio, salotto sedendo fisso al Caffè Degli Specchi. A questo punto la domanda è: come riconosco il mio? Passo primo. Com'è arredato: minimalista, chic, zen, paradossale, coloratissimo, avanti nel tempo con residui anni 80? il mio è semplice spartano al limite del bicchiere col calcare residuo, comodo, caldo, accogliente, senza tempo, magari col giornale da leggere, possibilmente non il corriere dello sport, o non solo quello. Passo secondo per quale motivo ci vado ? Per incontrare altre persone o comprare il latte ?. Mi piace pensare di essere in grado alla terza volta che entro, di poter salutare almeno due clienti oltre che il proprietario. Ovvio che se il barista non ti saluta è meglio cambiare il bar (Lui il mestiere). 
I rapporti di questo genere alle volte appaiono superficiali, in realtà succede ed è successo, si dimostrano profondi. Spesso in quel gruppo di persone i rapporti si confondono e nascono amicizie, alle volte anche storie complesse. Alcuni esempi dei bar: ovviamente cambiati nel tempo, il Cirrosy's di Michele F. e Roberto C. è stato uno dei primi, il Bar a Book di Fabiola di Vittorio, la Pollarola, lo Zoe bar di via dei Falisci, il baretto di Tor Millina con Fabio e il mitico Ivano, il Bon Bock di Stefano e i due Sandro, il bar di Gusto con Pino al bancone ... e qui mi si accende la lampadina … Ecco cosa fa un bar, non il bar ma l'oste, l'armonia del personale e la compagnia che ci si trova. È un momento magico che dura solo qualche tempo, entri nel bar e ti senti a casa gli altri ti accolgono e nascono rapporti umani, altro non c'è.
Rifugio di peccatori, incontro tra persone e scambi.
Grazie Gianni per avermi accolto a casa tua, mi mancherai.      

venerdì 19 agosto 2011

costruire con le balle di paglia

e
Nel cuore dell’Umbria, a Passignano sul Lago Trasimeno, sorge il centro Panta Rei, un centro di esperienze per l'educazione e la formazione allo sviluppo sostenibile in cui alla ricerca si affianca l'esperienza sul campo. A Panta Rei si usano materiali...

domenica 31 luglio 2011

lavoratore socialmente inutile


La prima sorsata di birra

E' l'unica che conta. Le altre, sempre più lunghe, sempre più insignificanti, danno solo un appesantimento tiepido, un abbondanza sprecata. L'ultima, forse, riacquista, con la delusione di finire una parvenza di potere... Ma la prima sorsata ! Comincia ben prima di averla inghiottita. Già sulle labbra un oro spumeggiante, frescura amplificata dalla schiuma, poi lentamente sul palato una beatitudine velata di amarezza.
Come sembra lunga, la prima sorsata.
La beviamo subito, con avidità falsamente istintiva. Di fatto, tutto sta scritto: la quantità, né troppa ne troppa poca che è l'avvio ideale; il benessere immediato sottolineato da un sospiro uno schioccar della lingua, o un silenzio altrettanto eloquente; la sensazione ingannevole di un piacere che sboccia all'infinito...intanto, già lo sappiamo. Abbiamo preso il meglio. Riappoggiamo il bicchiere, lo allontaniamo un po' sul sottobicchiere di materiale assorbente. Assaporiamo il colore, finto miele, sole freddo,. Con tutto un rituale di circospezione e di attesa, vorremmo dominare il miracolo appena avvenuto e già svanito. Ma contenente e contenuto possono interrogarsi, rispondersi tra loro, niente si riprodurrà più. Ci piacerebbe conservare il segreto dell'oro puro racchiuderlo in formule. Invece davanti al tavolino bianco chiazzato dal sole, l' alchimista geloso salva solo le apparenze e beve sempre più birra con sempre meno gioia.
È un piacere amaro: si beve per dimenticare la prima sorsata.       


Philippe Delerm 

giovedì 28 luglio 2011

lasciami in pace bullo


un buco di casa per solo


"come un smart" foto di Salvo


Tibur Zero e il Costume _ care c'i era stato l'incendio.

Ufficio informazioni stazione Tiburtina. (oramai Tiburtona)
Io : Scusi
Lei: Prego
Senta, lunedì non ho potuto prendere il treno
E' già, succede
Non per mia volontà, non è partito. Allora, vorrei far riemettere il biglietto perché cosi ...
Non qua.. 
Certo, bene, scusi dove è ...
A Staaaazione Teerrrmiini
Sa invece, se domenica i treni sono regolari ?
Non si può sapere, chi lo sa ? 
Chieda a Stazione Terrrrrrmini.
E i treni per ? 
Sempre Stazione Termini
Non facevate prima a mettere un cartello con scritto Stazione Terrrrrmiiiniii a 5 chilometri ?
E io che ci faccio qua ?
Sarebbe stata la domanda successiva … Grazie

Stazione Termini : se normalmente è un girone dantesco, dove chi odia le puzze, botte, guardie e ladri, "che c'hai un euro che devo ricarica il telefonino" ? - e la benzina che fine ha fatto -. Oggi dopo l'incendio della stazione Tiburtina (Tibur Zero) è veramente una bolgia. Costumi da bagno, una macchinina della Polferr elettrica suona il clacson ad un cieco col cane; comitive di somali sdraiati. Di tutto e di più, sessanta ristoranti, venti caffetterie, puzza di fogna dovuta all'allagamento di ieri sera. Fuoco e acqua.
Principi universali che mandano in tilt Roma. Treni fermi a Orte. 
Cartelli vari, uno dice prima classe in coda (ma non se parte). 
Ritardo: La voce dice: - "contrariamente a quanto annunciato il treno 22452 proveniente da.... è previsto ritardo di 2 ore anziché 1 ora; 
Un gruppo di americani bivacca chissà da quando davanti alle biglietterie. 
La coda sembra infinita, ufficio prima classe, treni speciali, varie ed eventuali, biglietteria. Forse rinuncio a dieci euro torno a casa. 
Faccio un tentativo: entro nel costumer-care porgo il biglietto.
Parte una serie di … : "Deve riempire il modulo - Ma perché non l'ha fatto subito - eccezionalmente - ahhh, ecco, entro 48 ore - faccia reclamo - ma il treno c'è stato alle 10 e trenta; ah già, è emesso alle 11,00 – Aattenda - Riempia qui - Attenda un attimo. - Aspetti che devo chiedere ? - Forse - Forse - Tenti alla biglietteria".
E io ?, non avevo detto ancora nulla.
Esco e mi metto in fila nel primo girone dell'inferno tra gli ignavi … 


Si avvicina un tizio:
Salve
Salve - guardo il cartellino con scritto FS mi rassereno -
Sa mica qual'è la fila per questo ?
Fah vèede. - Guarda bene il biglietto e già
io attendo il vaticinio -
Séhee o devi... o voj rifà ?
Accenno di si - cala la tensione - I du treni successivi non sò partitii l'ho timbrato, so salito, stavo sopra poi l'hanno soppresso e c'hanno lasciato a piedi, mo torno da Perugia e sti du scudi non so proprio ciccioli del cane.
Aspe' – prende il biglietto scarabocchia sopra “non validato riemesso”
il collega lo guarda – A' zi ma c'hai il timbro ? -
See m'ho so' preso ....
Timbra sorride me lo rida
Grazie zi 

Grazie di esistere altro che sti scostumare care der cazzo.

giovedì 21 luglio 2011

cerco casa.....

Insomma fa un po schifo è una stanza e cucina, in dieci metri quadri. 
- Quanto chiede signora ?
- Ottantamila euro, o cinquecento al mese.  
- Ma sono solo 12 metri quadri, se apre la porta sbatte col frigo, se starnutisce si apre l'armadio e batte la testa sulla doccia ....
- E che ci vuole fare sa con tutti questi emigranti, i prezzi sono saliti, è colpa dell'euro. 
- Ma è un ex lavatoio non ha neanche l'abitabilità 
- Coi studenti ci tira su il suo bel 500 euro al mese e di questi tempi.
- Signora ma lei ha un accento strano di dove è 
- (scocciata) di Roma 
- No mi scusi, negli anni 60 Roma contava si e no 200.000 persone, lei non era tra queste.  
- La mia famiglia viene da 
- andiamo meglio, esattamente di dove siete 
- Originari di P....lullo. vicino Ascoli Piceno 
- Le faccio una seconda domanda signora : Caio Mario era ancora vivo?
- Chi ? 
- Lei per caso ha idea di quanto danno in un call center per 10 ore di lavoro in un mese ? quanto guadagna un laureato oggi in Italia. 
- Che c'entra
- lo sa che se torna ad Ascoli Piceno probabilmente finiamo di pagare i ticket ?
- Che c'entra 
- Per come la vedo io Caio Mario non era neanche cittadino Romano 
- che c'entra 
- Lei lo sa che non è una casa ma un illecito edilizio, questo è un ex lavatoio. 
- si ma è stato condonato.  
- Ma i soldi dell'affitto li prende al nero 
- Che c'entra  
- Signora le posso dire una ultima cosa ?
- Prego 
- Ma non prova vergogna, proprio mai? 

domenica 3 luglio 2011

Piersugo Ughi N° 6 Spaghetti al Burro e Formaggio

Scheda: Piersugo Ughi chef di fama internazionale autore di “ entrecotte e scaloppine saltate” best seller 2006, chef de “ ar magnaccia”, docente del corso di apparecchiature francesi alla Gordon Blu . Troppe volte abbiamo visto in televisione quelle pietanze complesse, difficili che molti si chiedono “riuscirei mai a farle ?”, Bene da oggi seguendo queste brevi note di cucina base saprete ben presto servire una lauta cena ai vostri amici senza tremare. La lezione di oggi è “come si prepara uno spaghetto al burro”.
Lo spaghetto nella storia: l’uomo vive grazie allo spaghetto al burro, fu Han Tze nell'ottavo secolo avanti Cristo a redarre la prima ricetta dello spaghetto. Uhan a katakei sushuni ami tar ne su ta hoh nessa ti un ka cerv uitan  bu bu –  più o meno ;
Scoperto probabilmente nella preistoria, lo spaghetto lascia agli storici una domanda fondamentale si mette il sale nell'acqua prima o durante la bollitura ?”
Per fare una buon spaghetto servono: il fuoco, acqua, un boiler, una casseruola, una serpentina per distillatori, una pinza, un coltello di ceramica, uno straccio, una mucca rossa o emiliana, una centrifuga in legno,  un pentolino, canovacci di cotone spesso o lino, una pala, un piccone, una trapano con punte varie, un carburatore del 12, una cinta di trasmissione, una batteria, un catino, un fucile di precisione, munizioni, venticinque litri di latte una mungitrice, una paletta e un secchio per l'immondizia, sale qb, oppure una carta di credito valida.    
Prendete un mezzo di locomozione andate al mercato e comprate un chilo di spaghetti. Un panetto di burro e 300 grammi di formaggio grattato.  
Salvo non vogliate usare mezzi più consoni e meno impattanti per l'ambiente.
Prendete allora una falce fenaglia recatevi su di un campo e tagliate circa seicento metri quadri di grano. Fate asciugare le piante al sole. Realizzate dei mazzi battete quelli e raccogliete le semenze e mettetele in un sacco di juta lino o cotone. I mazzi conservateli per portarli alla mucca. Quindi recatevi in Emilia. Valicate le colline recatevi in alpeggio e cercate una mucca Podalica o una Rossa. Trovatala abbattete col fucile di precisione il pastore. Se possibile usate un silenziatore per non spaventare la mucca. Datele da mangiare erba fresca qualche fiore di montagna e un po del vostra grano tagliato . Attendete con lei il mattino. Magari nel frattempo potreste schiacciare le semenze del grano fino a renderle polverose e farinose. La mattina di buon ora con lo sgabello mono zampa e il catino ( o la mungitrice) facendo molta attenzione mungetela.  Una buona mucca vi darà circa trenta quaranta litri di latte. Il colore sarà simile al colostro vagamente giallognolo. Finita l'operazione ringraziatela col fieno e datele un paio di carezze poi lasciatela in pace. Ora costruite una centrifuga. Prendete il motore collegatelo con la cinta e ad una batteria, freddate il latte e sbattetelo facendo versare la parte liquida lentamente conservando invece la panna e il burro a parte, un po di sale potrebbe essere aggiunto. A questo punto seppellite il pastore, lasciate il grano avanzato e le scorie. Portate via due tre chili di burro e un paio di chili di farina. Andate a Fara san Martino e procuratevi una damigiana d'acqua. Tornati a casa sulla spianatoia posate circa un chilogrammo di farina aggiungete un pizzico di sale e acqua muovete velocemente le mani lavorate l'impasto sino ad ottenete un chilogrammo circa di spaghetti. Asciugateli lentamente. Se non avete un asciugatore coi trafilati in bronzo , potete accontentarvi e usare un phon. Fate bollire l'acqua per la pasta, aggiungete il sale grosso, (che avete già dalla ricetta2) non raffinato, mettete il burro (a piacere delle spezie pepe, sale, salvia) in una padella e usatela come coperchio all'acqua in ebollizione. Quando il burro si è sciolto (non chiarificatelo per carità) aggiungete un paio di cucchiai di acqua di cottura e il formaggio
grattato, spaghetti al dente. Saltate e servite gridando c'è l'ho fatta.
Potete accompagnare con dell'ottimo succo di pera freddo. 

giovedì 30 giugno 2011

Piersugo Ughi 5 Insalata di Pollo


Insalata di Pollo
Signori e signore, sono PierSugo Ughi
Scheda: Piersugo Ughi è chef di fama internazionale è l’autore di “Arzilla e broccoli e altre stranezze” best seller 2002, chef del rinomato “ Nando er bujaccaro”, docente del corso di marketing del Saor alla Ca'Foscari di Venezia. Piersugo: troppe volte abbiamo visto in televisione quelle pietanze complesse e difficili che molti si chiedono “riuscirei mai a farle ?”, bene da oggi seguendo le mie lezioni di cucina base saprete ben presto servire una lauta cena ai vostri amici senza tremare e senza indugi.
La lezione di oggi è “come si prepara una insalata di pollo”.

L'insalata di pollo nella storia : l’uomo vive grazie all'insalata di pollo , fu Amurabi nel ottavo secolo Avanti Cristo a redarre la prima ricetta dell'insalata di pollo. Scoperto nella preistoria forse attraverso l’osservazione di due filosofi a passaggio, lascia agli storici una domanda fondamentale la maionese si gira battendo in senso orario o antiorario ?” Nella cultura paleo cristiana il pollo era sacro (immagini del tempio di Vesta a Roma) era sempre servito ai banchetti degli imperatori preparata da alcune vestali nude, etc.
Piersugo: Per fare una buona insalata di pollo occorre: il fuoco (piccolo riepilogo di cos'è il fuoco), l’acqua fresca, un boiler, una casseruola, uno spiedo, una serpentina per distillatori, una pinza, un scortichino, un coltello di ceramica, uno straccio. La lancia termica, una forchetta di argento Napoli 1880 o Valadier, un pentolino, un pentolaccio, una centrifuga per insalata tre canovacci di cotone spesso o lino, una pala, un piccone, una motosega, un sacco di carbone, un catino, un fucile di precisione, una mannaia, una paletta e un secchio per l'immondizia, un litro di olio buono, sale qb, oppure una carta di credito valida.
P. prendete un mezzo di locomozione andate al mercato e comprate un ciospo di insalata. Salvo non vogliate usare le piante del vostro giardini o se vi fidate compratela in un normale negozio di alimentari. Quindi trovate un pollo. Guardatelo negli occhi, passate tre quattro giorni con lui fategli compagnia guadagnate la sua fiducia. Una sera quando meno se lo aspetta attorno alle cinque di pomeriggio, quando sono più stanchi, prendetelo per le zampe e sollevatelo su di un ciocco di legno mentre con la mannaia gli tagliate il collo, con un colpo secco e attendete che smetta di dimenarsi. Circa dieci minuti. Immergetelo in un catino con acqua calda a 60 gradi, spiumatelo, finite il lavoro con la lancia termica, togliete ora le interiora facendo bene attenzione al verde della bile. Apritelo al centro schiacciando leggermente le ali cosi lo potrete meglio cucinare.
Oppure compratelo al supermercato già fatto. Nei cinque giorni precedenti avrete tagliata la legna in pezzi da 60 centimetri con la motosega (circa un quintale). Accendete un bel fuoco lasciate la fiamma viva, ponete il pollo ad una distanza di trenta quaranta centimetri dal fuoco in verticale affinché il grasso scoli fuori Quando il pollo sarà a mezza cottura salatelo, e disponetelo in piano sulla brace viva. Se lo preferite lesso usate direttamente una pentola a pressione, partendo dall'acqua bollente sale grosso odori e un quarto di limone con buccia, tempo di cottura circa mezz'ora. Abbattere, freddate il brodo e sgrassate o manualmente con un canovaccio o con il bianco dell'uovo montato a neve. Con il distillatore preparate ventidue litri d' acqua demineralizzata. Per lavare l'insalata. Oppure recatevi sulla montagna più vicina e lavatelo alla fonte. Senza amuchina che fa schifo. Con un coltello di ceramica tagliate l'insalata a strisce piccoline, oppure compratene una già fatta in busta. Disossate il pollo cotto e con la mannaia (ripulita dal taglio del collo precedente) fate a pezzettini la carne del pollo, aggiungete l'insalata leggermente salata a piacere, realizzate la maionese. Tuorlo dell'uovo, olio e sale un po di culo e monta, se non monta ripetete e ripetete, se non monta scendete al supermercato e compratela in tubetto. Mischiate tutto con un cucchiaio di legno giapponese, di pura acacia sokkudo, o con qualsiasi altro utensile e servite gridando c'è l'ho fatta.

La prossima puntata bucatini alla amatriciana.


Lontano da dove? un confine


Al confine della Dragogna valico di Sicciole, passare dalla Slovenia alla Croazia è un po' come volare in cinquanta metri dalla Germania alla Grecia.
L'atteggiamento della polizia liubianese è un misto di ostentata efficienza nordica e spocchia asburgica, con un residuo di durezza comunista appena avvertibile, divise perfette uffici di frontiera lucidati, aiuole con i garofani. Tutto sembra volerti dire: attenti qui finisce l'Europa, li comincia l'Est, la guerra, l'inefficienza, inaffidabilità. Finiti i tempi della solidarietà cattolica contro la Grande Serbia. Ma è un errore prospettico perché invece dell'Est dall'altra parte trovi il Mediterraneo, l'allegro caos del nostro meridione. Provvisori container per uffici, eterni lavori in corso, operai in canottiera tostati dal sole. “Una faccia una razza”. Donne che vendono miele e ciliege sulla strada, che si fa in quattro per indicarti la strada da percorrere, il doganiere che ti parla in italiano senza fartelo cadere dall'alto. Gran vento sulle pinete odore di resina e salsedine, per terra un tappeto di fiori d'acacia. C'è subito più spazio, il soffocamento demografico dell'Istria costiera slovena, finisce di colpo: a ogni metro verso Punta Salvatore la vista si moltiplica il crinale è come un ponte di un transatlantico lanciato in mare aperto che le radici resistono ancora. Resistono nonostante il vento forte, il cielo abbacinante e una terra maledetta piena di pietre; nonostante la guerra, i profughi e una crisi economica appena mitigata da un ritorno al turismo. Dietro ai muretti o nei cortili intuisci l'orgoglio, l'attaccamento alla campagna e al lavoro. Punti verso il faro, e già i nomi dei villaggi cominciano a cantare, Bassanese, Zambrattìa, Borosìa, rosmarino e Mediterraneo. Barche di pescatori a secco. Poi il mare aperto. (Paolo Rumiz)      

“Osmizze” o frasche un suggerimento per l'estate.


 L'osteria : c'è un altro vino della casa nel Carso le “Osmizze”. La qualità non è detto che sia sempre la migliore di quella del vinaio, di via Umago, ma la tradizione l'ambiente nei quali nasce sono ben diversi. Nelle osmizze o Frasche, il vino viene venduto e consumato direttamente nella cantina del produttore per un periodo limitato, un paio di mesi. Osmizza è una traduzione letterale della parola slovena osmica, ovvero ottavina e indicava appunto gli otto giorni di apertura consentiti in passato dal magistrato civico. Nel 1784 un decreto imperiale permise la vendita durante tutto l'anno, di generi alimentari vino e mosto, frutta a chiunque ne producesse, lasciando totale libertà anche sui prezzi e la stagione di attività ponendo la sola condizione – pensata già all'epoca viene da credere, come misura sul reddito sommerso – di esporre una frasca davanti alla cantina. Le osmizze sono tante sia sull'altopiano, sia nelle vie che dal centro, si inerpicano in direzione di Odicina. Aprono in periodi diversi spesso segnalati su internet e nelle guide gastronomiche, però è più divertente procedere per tentativi e per errori, approfittando della ricerca per farsi un giro per i paesi del Carso. L'ambiente di solito è molto spartano : due tre tavolacci con le panche, stuzzicadenti scolpiti con l'accetta, niente tovaglie. Le pietanze servite di accompagnamento al vino sono in prevalenza formaggio stagionato, prosciutto crudo, uova sode, sottaceti, quasi sempre genuine e molto fresche. Quanto al vino, se siete fortunati potete assaggiare le due glorie locali: il terrano rosso e la vitosca. L'osmizza è però una esperienza esotica, a un passo da casa. È l'estrema propaggine della civiltà contadina spintasi fino ai margini di una città che proprio come a Venezia è cresciuta senza arare e vendemmiare. (Mauro Covacich “Trieste sottosopra” ed. Laterza 2010)
 

domenica 26 giugno 2011

nutellando 2


sotto i trent'anni solo uno su tre lavora


Edvard Kocbek poeta sloveno


Orazione
Sono
perché ero
e chiunque
potrà
dimenticarmi.

Eppure
posso dire:
sono
ed ero
e sarò,
perciò sono più
dell’oblio,
immensamente più
della negazione,
infinitamente più
del nulla.

Tutto il creato
è eterno,
la nascita è più forte
della morte,
più tenace
della disperazione e della solitudine,
più vigorosa
del tumulto e del peccato,
più solenne
del rigetto.
Non cesserò
mai di esistere.
Mai.
Amen.

Quarta puntata il tè freddo

sono PierSugo Ughi
Bio di Piersugo Piersugo Ughi è l’autore di “Gnocchi solo il Giovedì ?” best seller 2001, cuoco della rinomata “Cascina Piadina” oscar della giuda Famose maialate in Romagna,
docente di Brasato Comparato con lo stufato a pressione al dipartimento di Bocconi Amari presso la cattedra di Linguine e pesto con taccole della facoltà di Eat-on U.K..
Solo per noi in esclusiva ci spiega le basi della Haute cousine.
Piersugo: troppe volte abbiamo visto in televisione quelle pietanze complesse, difficili che molti si chiedono “riuscirò mai a farle ?”, da oggi seguendo le mie lezioni di cucina base saprete ben presto servire una lauta abbondante strabiliante cena ai vostri amici senza tremare e senza indugi. Oggi parliamo di come si prepara un tè freddo :
il tè nella storia: l’uomo vive grazie al tè , fu scoperto nella preistoria forse attraverso l’osservazione di due signore anziane sedute a un tavolino, una domanda che ci trasciniamo dall’antichità si beve col latte col ghee o col limone eventualmente si può bere col latte e il limone anche insieme ? Nella cultura paleo cristiana il te era sacro (immagini del tempio di Vesta a Roma) era sempre tenuto in fresco grazie alle nevi portate direttamente dal Terminillo come bevanda sacra per i pontefici per re e imperatori preparata da alcune vestali nude veniva stiepidita altrimenti causava dolore all'imperatore, etc.
Per fare un buon te freddo occorre: fuoco, acqua, un boiler, una serpentina per distillatori, una pinza, un pentolino, un canovaccio di pelle di camoscio afgano, e una paletta raccogli bustine.
Come procurarsi il tè : Prendete un cavallo sellatelo e partite per un viaggio che va dalla vostra città al mercato di Hanoi. Oppure potete piantare nel vostro giardino una piantina e attendete dodici anni per farvelo. Infine potreste acquistarlo al bar sotto casa o se vi fidate in un normale negozio di alimentari
a questo punto prendete la miscela di te che preferite (sul bancone sono predisposte 10 miscele di te e altre spezie) potete usare diversi metodi il primo è quello originario con il distillatore preparate due litri di acqua demineralizzata. Riscaldate con un fuoco vivace il liquido così ottenuto in un contenitore di ceramica. prendete un cucchiaio da te e versate cinque grumi di erbe secche nell’acqua calda.
Con un attrezzo di ceramica o di vetro che non lascia sapore alcuno nell’acqua
Girate l’infuso. Dopo venti minuti avrete pronto il tè. A questo punto con un setaccio in ceramica, o con un colino di bambù travasate il tè in un contenitore di vetro, da due litri possibilmente con la scritta “per alimenti”. Circondate la bottiglia con ghiaccio proveniente dalla montagna a voi più vicina con un contenitore di alluminio riciclato. (altre immagini del Terminillo innevato). Dopo un ora mettete la bevanda in frigo, e servite con dieci quindici gradi di temperatura eventualmente con una fettina di limone e un cucchiaio di zucchero per bicchiere. In alternativa scendete al più vicino supermercato compratene una già fatta e bevete quello, cosi come faccio io. (apre dal frigo una bottiglia in pet di te e ne beve una sorsata)


Finisce qui la quarta puntata
La prossima puntata sarà come si prepara un bambino alla comunista 

ragazzi di vita


Terza puntata le basi. L’uovo sodo


Sono PierSugo Ughi
Scheda di Piersugo : Piersugo Ughi è l’autore di “Famose du spaghi” best seller 2004, cuoco della rinomata Casina del Caso”, docente di linguinistica alla facoltà dei Famose Quattro Bocconi solo per noi in esclusiva realizza i suoi piatti più premiati. 
Piersugo: troppe volte abbiamo visto in televisione quelle pietanze complesse e difficili che molti si chiedono “riuscirei mai a farle?”, bene da oggi seguendo le mie lezioni di cucina base saprete ben presto servire una lauta cena ai vostri amici senza tremare e senza indugi
La lezione di oggi è come si prepara un uovo sodo. Scheda Cos’è l’uovo: l’uovo nella storia, l’uomo vive grazie alle uova, scoperto nella preistoria forse attraverso l’osservazione della gallina, noi ci poniamo una domanda sin dalla antichità è nata prima la gallina o l'uovo ? Nella cultura paleo cristiana l’uovo era sacro pensate che nel tempio di Vesta a Roma era sempre tenuto in caldo l’ovetto fresco per re e imperatori da alcune vestali, alcune vestali covavano le uova
La lezione  -  Per fare un uovo sodo occorrono:
il fuoco, l’acqua, un boiler, una serpentina per distillatori, una pinza, un pentolino, una spirale di quattro metri un canovaccio di pelle di camoscio afgano, e una paletta raccogli cocce di uovo. Per prima cosa procurarsi l’uovo.
Potete quindi convincere una gallina a fornirvelo (video Pier Sugo insegue una gallina)
potete acquistarlo già fatto da qualcuno o se vi fidate comprarlo in un normale negozio di alimentari. Quando avete l'uovo prendetelo con la pinza e deponetelo sulla spirale
la spirale va messa in un bollitore così (tegamino con spirale)
Si posso usare diversi metodi: Si accende il boiler della spirale la spirale fa fuoriuscire delle gocce d’acqua de mineralizzata nel bollitore gocciando colpendo l’uovo da sopra. Vaporizzati così 35 cl di acqua distillata potete inserire nel acqua un battuto di alloro e menta (che a nulla serve salvo ai fumenti) ma che rende il vapore gradevole all’olfatto quindi accendete il fuoco sotto il pentolino e vaporizzate l’uovo per 10 minuti. Prendetelo con le pinze e sistematelo su un porta uovo, asciugandolo bene bene colla pelle afghana lo sbucciate raccogliete le cocce con il raccogli cocci delle uova. Una volta sbucciato ecco il vostro uovo sodo. L’uovo sodo si serve freddo e si mangia con un pizzico si sale.
Il migliore abbinamento e con la birra chiara, e il pomodoro.
Finisce qui la terza lezione la prossima volta vi insegnerò come si prepara il tè freddo 

giovedì 23 giugno 2011

messico e nuvole


Durante la conquista del messico (1519) Herman Cortés si assenta dalla capitale atzeca, il suo vice: Pedro de Alvarado, interrompe la celebrazione di Toxcatt e compie "Il Massacro del Grande Tempio". Muore in circostanze non chiare anche il re, Montezuma. Alvarado quella notte stessa trafuga il tesoro. Presente al fatto Bernal Diaz del Castillo, soldato, poi cronista, racconta che con sorpresa incredibile Alvaro trova “solo” 50 tonnellate di cioccolato purissimo. Al de Alvaro non crederànno nè Cortes, nè il re di Spagna. Gli spagnoli volevano “l'oro” non sanno che farsene del cioccolato. Di qui la leggenda del tesoro di Montezuma. Per i conquistadores il cioccolato, il maiz e l'alegria, sono piante, impossibile pensare che per gli atzechi e i maya siano ricchezza. Quella che raccontiamo è la vittoria degli Dei pagani sull'Oro. Dopo cinqucento anni dalla conquista, gli Dei si vendicano e restituiscono agli indio quella ricchezza che i conquistadores non hanno saputo capire. In messico oggi si combatte una guerra per la legalità, amministrativa e politica, mentre l'esercito è impegnato nella lotta ai narcos che controllano un territorio vastissimo. Una guerra che conta migliaia di morti. I conquistadores di oggi si chiamano corporation, cercano sempre l'oro, che sia petrolio e o che derivi del maisB o Ogm poco importa Contro hanno solo, vacante la politica, i pochi discendenti dei maya i “campesinos”. 




Prevalementemente indios, i milioni di agricoltori cercano di combattere le corporation e la corruzione dei funzionari federali e di uscire dalla povertà assoluta. Dopo venti anni di libero mercato le poche strutture agricole messicane sopravvisute alla crisi del mais, dovuta all'imposizione degli accordi Nafta e la classificazione del Mais B a idrocarburo, combattono per la semplice sopravvivenza, alle volte con le armi.
Sono destinati a soccombere? Sembra proprio di no.


Organizzazioni nate nelle comunità più remote, da anni si battono contro i giganti del dio profitto. Producono ricchezza tra chi non ha nulla. Lottano pacificamente attraverso il rinserimento di tecniche Maya nella coltivazione del cioccolato, del mais e dell'Alegria (Amaranto) cercando di infondere valore economico e riacquistare Dignità.