domenica 13 aprile 2014

Il risotto alla Bonarda o risotto della Malora.

Una ricetta ha poco senso, se non ha una storia, un ricordo.
Una sera di tanti anni fa un amico chef di un noto ristorante dei Parioli, Piggi definitosi “un Milanese Dop della bassa”, tra il terzo bicchiere e quello di troppo, mi chiese a bruciapelo: “Cosa distingue la cucina italiana dalle altre nel mondo?”. Pensai fosse facile, e dissi “Lo Spaghetto”; “No”- sorrise -“Si vede che sei un pirla, il riso, anzi il risotto. L'unica cosa che i cuochi internazionali non riusciranno mai a fare come un Italiano, è il risotto”.

Ci pensai durante la resaca della mattina dopo.(Una resaca se refiere a los síntomas desagradables que una persona experimenta después de tomar mucho alcohol) Sarà vera questa storia del risotto?. Come potevo sapere se è quello che diceva Pigi era vero?. Nei ristoranti non lo fanno volentieri il risotto, forse perché servono almeno 20 minuti per servirlo espresso. Siamo però il primo produttore al mondo con oltre 9 specie di riso superfino e tutti di alta qualità. Lo stesso Benjamin Franklin rubò i semi del Carnaroli per ripiantarli negli Stati Uniti d'America. Bisogna provarne uno vero per capire. Nei manuali di cucina il riso presenta cinque/sei modi diversi per prepararsi. Il risotto no. Ne ha uno solo. Nei menu internazionali non l'ho trovato mai. Forse ha ragione Piggi. Ecco il perché di questo amore per il Re della cucina Italica (ovvero quello che gli chef internazionali non saprebbero fare).
Il primo che vi racconto è un risotto alla Bonarda, o il “Risotto della Malora”. L'omaggio personale di Daniele Catozzo Oste e chef della “Osteria della Malora” a Mario Soldati (1906.1999), narratore, regista, scrittore e documentarista.
La ricetta e i suoi trucchi sono il meno, quello che in fondo la rende speciale sono la magia del momento, la compagnia a tavola, il cuore e l'amore del cuoco, la curiosità di chi l'assaggia, mancanti questi ingredienti potreste rimanere delusi.

Pavia. Passato il ponte coperto la strada si dirige verso le risaie di Arborio, Carnaroli e Baldo, a sinistra compare Borgo Ticino, il vecchio borgo. Passando il ponte coperto e la sua statua con la vedetta e mitragliatrice si arriva sino alla Bocciofila. Mi sono immaginato Mario Soldati e la sua Osteria con annesso campo di bocce. Eccolo li col sigaro mentre si beve una Bonarda. O un Pinot Spumante magari seduto a riva, a guardare le linee mosse del Ticino.

La mia idea di Pavia è esattamente questa: Spumanti, Pinot in bianco, Bonarda riso e rane in ordine sparso. Invece Massimo Marcotullio racconta che “il Ticino è come il Mississipi” e in fondo per lui “Pavia è una città che ha del Blues”. Se lo dice lui che è stato assessore alla cultura, e direttore dello stabile lo prendo per vero.

http://www.agrodolce.it/2014/04/12/il-risotto-dellosteria-della-malora

Mi lascio accompagnare da un'atmosfera: “il Blues pavese, Riso, rane, e Soldati che fuma il sigaro mentre gioca a bocce”. C'è una lieve nostalgia, colpa del freddo e di una lieve nebbiolina che sale.


Arriviamo all'Osteria della Malora. Daniele ci attende alla porta. E' un bell'ospite, ci fa accomodare, ci porge un bicchiere di vino (una Bonarda ferma) e ci mostra i segni sul muro, il livello delle esondazioni distinte per livello delle acque e annate, le mostra con orgoglio come fossero delle bottiglie da collezione, o cicatrici di lunghe battaglie. Questo spiega il nome “della Malora” ogni cinque sei anni va tutto sott'acqua. Daniele è nato nell'oltre Po, sposo della figlia dell'oste, dal 1985 è rimasto in cucina. Uno Chef per amore. Ci fa entrare in cucina, rabbocca i calici, “alla salute”. E inizia la preparazione.
Armatevi di una pentola con manico saldo, alta abbastanza da saltare il riso

Dosi consigliate
125 grammi di riso (Carnaroli nel caso) a testa.
1 salciccia (pavese a pasta da salame) senza pelle ogni due persone
1 spicchio di aglio
1 cipolla bianca
sale q.b. o pizzichi uno per persona.
una manciata di maggiorana fresca
una bottiglia di Bonarda vivace che non sappia di tappo.
(possibilmente svaporata a parte con chiodi di garofano e io ci metto anche una buccia di arancia, a gusto personale)
un litro e mezzo di brodo da ossa e verdure, caldo.

Scaldate con l'olio o se vi piace con lo strutto, la padella, a fuoco medio.
Aggiungete la carne di salciccia, aglio e cipolla.
Fate rosolare per 5 minuti senza bruciare, aggiungendo brodo.
Sfumate con un po di vino. Togliete l'aglio.
Saltate frequentemente o girate spesso.
Mettete il riso e il sale assieme e coprite con coperchio, asciugate e tostate il riso fino a quando non cambia colore. (Fuoco basso)
Assorbito per bene il grasso (il condimento) iniziate la cottura aggiungendo spesso il brodo molto caldo ad un massimo di tre quarti senza mai farlo bruciare. Sempre girando.


Dopo 10 minuti circa versate lentamente il vino fino a coprirlo completamente e fate asciugare fino a cottura ultimata 8/10 minuti circa.
Quando il riso risulta al dente aggiungete la maggiorana e toglietelo dal fuoco
Se vi riesce servitelo all'onda su piatto ben caldo.





Il risultato è un risotto rosso e profumato di floreale, con una lieve punta di acido, dovuta al vino. “Questo perché io non lo stempero” spiega Daniele, “queste raffinatezze sono successive al modo di mangiarlo della mia infanzia” e “normalmente lo faccio, ma lo preferisco rustico, come lo faceva mia madre“. Un bel riso davvero. Il mio primo risotto vero, alla maniera cara credo a Mario Soldati, Osteria con annesso il campo da bocce.







giovedì 10 aprile 2014

Dialogoi sui codici a barre


La difficoltà di entrare in un supermercato, me la sono spiegata con il fatto che non riesco più a vedere una connessione logica tra cibo e tavola. 
La necessità, la piacevolezza dell'oggetto “alimento” non derivano più dalla fonte prima “la natura” l'agreste campo, sono indotti, invece, dalla figura rappresentata sulla confezione. 
Quindi l'acquisto del prodotto è indotto dall'immagine che questi ci mostra. Colorata, vivace, magnifica strasbordante di promesse. 


Com'è ovvio, l'immagine è eterea, fallace, apparente, cioè non si trasforma mai in realtà, salvo nel momento del conto, cioè nella commisurazione economica dell'acquisto (la fila alle casse). È la delusione di una promessa non mantenuta di un mondo migliore, dove la panna è perfettamente bianca, l'hamburger non brucia mai, dove la cucina necessita di quattro minuti attenzione al massimo, dove si è indotti a pensare che sia inutile mangiare e che bisogna dedicarsi all'edonismo e al divenire più belli e pimpanti, che invece cozza con la cruda realtà di prodotti creati ad arte pregni di sofisticazioni, di immagini e di rimandi esotici, che si materializzano in un piatto di portata precotto in perfetto stile “mensa aziendale e/o ospedaliera”, che ci toglie uno dei piaceri della vita: il desco e la compagnia.

Un altro aspetto curioso del supermercato è la promiscuità delle merci, in una euforia di consumo convivono tranquillamente arredamento,cibo, piccola ferramenta, merceria, bicchieri, cassette per registratori audio/video, pane in cassetta e altro ancora. 

Tutti ordinati in file di 20 metri per due piuttosto anonime, salvo per una scritta che troneggia all'inizio della stessa, come per la statale: pasta km2, prossima uscita Biscotti, rallentare code nello scatolame, Dio c'è. 



Oggetti che, anche se trovano una degna giustificazione nel packaging, nascondono, se osservati con attenzione, un umanità degna del modello unico del ministero delle finanze. Portano sul retro etichettato tra i codici a barre, le scritte d'uso per lo più incomprensibili, minacciose per alcuni : e240, e330, leticina di soia, antiossidanti, riga f redditi da fabbricati, aromi naturali e no, e infine il fatidico “da consumarsi preferibilmente entro il” , ovviamente dall'altra parte. La data è spesso più vicina al Giubileo che alla tavola. 
In queste pile di merci io mi perdo dispero, mi confondo, dimentico cosa sono venuto a fare, cosa volevo in origine; rimango affascinato dalle tecniche di vendita, dimentico la provenienza dei prodotti esposti, la trasformazione che hanno subito di alcuni mi capita di non saperne neanche lo scopo pratico.

Rifletto. Trovo fantastico il fatto che ci nutriamo di Mais e dei suoi derivati, con odore e aroma di ammoniaca, di cui sono intrisi quasi tutti (l'85%) dei prodotti del banco, o con buste di insalata, tanto vicine alla fragranza della plastica da portarti a pensare di masticare le buste stesse, o delle puree in candido alluminio dal vago sapore di ospedale, dov'è la patata ?. Osservo il tetrapack, triste nel contenitore di latte UHT tutti, indipendentemente dalla marca, anonimi e insapori; il caffè rigorosamente “più buono”, ectoplasmi di tonni stressati che si tagliano con grissini, biscotti dalle forme di astronavi, missili e stelle, al sapore di crusca di cereali e di aloe Vera, ma raramente di biscotto. Le conseguenze di questa mancanza profonda di naturalezza fa sì che bambini di cinque anni credano che i polli abbiano quattro zampe. 
(N.b. il pollo è un bipede). 


Non avendo esseri umani con cui confrontarmi nel supermercato, nell'autostrada alimentare, dove il telefonino diverrà il prossimo telepass, dove nessuno ti risponde alla semplice domanda: che diavolo è la leticina di soia ?”. il cassiere casellante non è in grado di garantire che se fa schifo te lo cambiano. 

Ho parlato con gli oggetti nello scaffale. Ho dato del tu al barattolo, litigo di politica con la maizena, mi faccio raccontare dal prosciutto com'è e dov'è San Daniele del Friuli. 
Loro non mi hanno risposto, ho sorriso così anche nel supermercato. 

Se e quando vedete a supermercato qualcuno dialogare col barattolo, non vi preoccupate, nell'era della comunicazione questo è almeno per me possibile. 
Potrebbe essere almeno per me una soluzione per la Gda creare prodotti parlanti, movibili auto promuoventi. Così mentre tornate a casa i pomodori vi raccontano del Vesuvio, vi forniscono anedotti culturali da scaricare con Le App., l'abbinamento col vino, e il metodo adatto a cucinarli. 

In fondo che vi frega di pensare?. 
Ci pensa il marketing per tutti noi. 





venerdì 4 aprile 2014

L'applicabilità della legge di Murphy.

Non credevo fosse vera …alcuni la conoscono bene, altri l'hanno letta sganasciandosi. Nella sua reale completezza ha una cera e sicura manifestazione. Esiste essa è. Ha un solo antitodo la risata.

Lunedi mattina sono in ritardo, la macchina l'ho rotta la settimana scorsa anzi l'avrei rottamata se o avessi di che pagarne il conto. Resto e sono in attesa di non so quale miracolo per ripartire, ma insito non mi arrendo. Comunque la giornata è piovosa, è cominciato il freddo.
Inciso : Nel corso degli ultimi tre anni dico tre anni, non una cosa, non una si è manifestata corretta liscia e lineare, il mio proverbiale culo la mia sagacia il mio intelletto sono stati polverizzati davanti alla realtà di un destino misero, nero e profondamente angosciante. Ciò detto.
Ogni qualvolta ho creduto per una nano secondo di raddrizzare la curva discendente che mi sta letteralmente uccidendo, con Branko il capodistriano (quello dell'oroscopo del Messaggero) e Rob Bresny che mi dicono da un mese che è finita (ma finita De chè), comunque decido di fare un ulteriore tentativo, l'ennesimo

Negli ultimi tre anni per svangare il lunario ho fatto di tutto, venditore porta a porta, cameriere, volantinatore folle, bracciante, cameriere, aiuto barista, artista di strada, djs, producer, pubblico televisivo, telefonista, ricercatore statistico, impiegato, magazziniere, corriere per una associazione benefica, pony, fotografo, questuante, verniciatore, edile, tutti lavori durati al massimo tre mesi sempre con stipendi sotto la media della sopravvivenza. Queste cose mi hanno sviluppato una certa caratteristica alla indigenza e una fame notevole.
L'unica cosa che non mi è mai mancata sono i guai.
A quelli sono talmente abituato che alle volte davanti all'ennesima sciagura me la rido.



Ho comprato uno scatolone per metterceli dentro i documenti dei guai in forma cartacea, con su scritto “Dio abbi pietà di me”.
Ora sono determinato a cambiare la scritta con un MO Basta, co'sto “Saturno contro” stampato già per prova sul frigo vuoto. Devo uscire da sta cosa.




Comunque sia la motorella va bene, e parte, per oggi, ho la giacca da neve, se parte bene, poi se riesco vado da Angelino a montare il parabrezza almeno non m'arrivano le secchiate di acqua. Esco e parto. … via verso ROMA CENTRO svalicando le disgrazie sono sicuro che andrà tutto bene ….