giovedì 30 giugno 2011

“Osmizze” o frasche un suggerimento per l'estate.


 L'osteria : c'è un altro vino della casa nel Carso le “Osmizze”. La qualità non è detto che sia sempre la migliore di quella del vinaio, di via Umago, ma la tradizione l'ambiente nei quali nasce sono ben diversi. Nelle osmizze o Frasche, il vino viene venduto e consumato direttamente nella cantina del produttore per un periodo limitato, un paio di mesi. Osmizza è una traduzione letterale della parola slovena osmica, ovvero ottavina e indicava appunto gli otto giorni di apertura consentiti in passato dal magistrato civico. Nel 1784 un decreto imperiale permise la vendita durante tutto l'anno, di generi alimentari vino e mosto, frutta a chiunque ne producesse, lasciando totale libertà anche sui prezzi e la stagione di attività ponendo la sola condizione – pensata già all'epoca viene da credere, come misura sul reddito sommerso – di esporre una frasca davanti alla cantina. Le osmizze sono tante sia sull'altopiano, sia nelle vie che dal centro, si inerpicano in direzione di Odicina. Aprono in periodi diversi spesso segnalati su internet e nelle guide gastronomiche, però è più divertente procedere per tentativi e per errori, approfittando della ricerca per farsi un giro per i paesi del Carso. L'ambiente di solito è molto spartano : due tre tavolacci con le panche, stuzzicadenti scolpiti con l'accetta, niente tovaglie. Le pietanze servite di accompagnamento al vino sono in prevalenza formaggio stagionato, prosciutto crudo, uova sode, sottaceti, quasi sempre genuine e molto fresche. Quanto al vino, se siete fortunati potete assaggiare le due glorie locali: il terrano rosso e la vitosca. L'osmizza è però una esperienza esotica, a un passo da casa. È l'estrema propaggine della civiltà contadina spintasi fino ai margini di una città che proprio come a Venezia è cresciuta senza arare e vendemmiare. (Mauro Covacich “Trieste sottosopra” ed. Laterza 2010)
 

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