mercoledì 27 febbraio 2013

Se lo scriba non ti scrive le cose giuste e il caso che impari a scriverle da te

Sul mio blog non mi sono mai occupato di politica, primo perchè non ne sò. per quanto dottrine sia uno dei pochi esami che ho sostenuto all'università. Secondo perchè a chi legge non piace. Ma un sassolino me lo voglio levare a futura memoria, così tanto per chiarire. 
Ho amici :all'estero, ex compagni della FGCI (ai tempi di Maroni), radical chic monteverdini, stalinisti, e gente altra, radicali e non. Non conosco ufficialmente nessuno che ha mai votato Berlusconi, questo dipende a mio avviso dal fatto che appartengo ad un circuito che non frequenta questo tipo di persone. 
Di queste elezioni sono contento. 
L'Italia è finalmente tornato ad essere un paese all'avanguardia, e intendo dimostrarlo. Siamo al primo esperimento di democrazia diretta tramite il web, Grillo con il movimento cinque stelle ha dimostrato l'unica vera falla al piano Gelli della P2, cioè il limite del "reale" al  sistema di controllo dei media e non secondario cosa sia la vita pubblica al PD. Come io do per scontato l'italia è un paese conservatore, che se ne dica ed anche il PD e il Sel sono conservatori e vengono votati da tantissimi ex comunisti, i comunisti di Berlinguer sia chiaro non quelli delle barricate, così come è ultra conservatore il PDL ed anche la Destra che mantengono lo status quo insomma tutti loro davanti a cambiamenti epocali non hanno mai variato le ricette. e soprattutto non hanno mai cambiato comportamenti (che è anche peggio).
In Italia dagli anni 70 chiunque a suo modo ha goduto di un qualche privilegio o di un favore politico, qualsiasi, e per quanto questo sembri democratico questo è stato ed è ancora per certi aspetti il nostro sistema di democrazia. Si vota chi ci fa un favore. Questo fa si che il nostro sia un sistema Oligarchico di impronta feudale. La meritocrazia semplicemente non esiste, non esiste in Italia una parola tipo Responsabilità, sono inesistenti anche concetti come onestà, integrità e dignità, (badate a tutti i livelli) e laddove siano state cercate o seguite le conseguenze sono state se non l'allontanamento la distruzione. Non esiste parimenti il merito, non esiste il premio. Chi si sia proposto come capace è stato prima invidiato poi escluso. Non esistono uomini liberi, si è accettati solo se si è Valvassori di qualcuno, e si fa la conta dei propri numeri per ottenere agevolazioni o favori. 
Ora da una decina di anni questo sistema è bloccato e qualsiasi cosa succedesse rimaneva blindato da un controllo ferreo dei media, se non si sa non è successo, e i media in Italia principalmente la televisione sono stati veramente molto influenti nel decidere le sorti del paese. Cosa è cambiato? la rete web ha aperto una strada, e chi non credeva nei giornali, chi non credeva nel sogno di Berlusconi, chi non amava le puttane del re, chi adorava un mondo diverso e possibile ha fatto la sua conta. Non si è sentito più solo. E' successo che un comico cacciato e censurato dalla Rai e malvisto a Mediaset (la7 della Telecom a maggior ragione) si è trovato ad aprire una porta e vedere nella rete cosa c'era la di fuori, Grillo ha trovato un 30% e forse più di gente pronta a cambiare le cose, considerate che molti come mia madre ad esempio temono Internet e la rete e si fidano ancora dei Mass Media. Qual'è La Cosa (appunto). Non credo che nessuno di loro pensi che Grillo sia un prossimo capo popolo, ma hanno capito che almeno così la spallata c'era, e quello che da vent'anni nessuno faceva cioè cercare delle soluzioni ai loro problemi se lo potevano cercare da soli, magari fallendo ma almeno provandoci, hanno scoperto che delegare a degli incapaci era superfluo e come lo avevano tante volte dato, lo potevano togliere questo consenso e che non era più il caso di delegare ma di mettersi in prima persona a fare qualcosa. 
Su un numero così alto di persone è probabile che non ci saranno competenze ne conoscenze adeguate, ma Se lo scriba non ti scrive le cose giuste e il caso che impari a scriverle da te. e non è Lao tse. ora non resta che attendere. l'italia ha dimostrato che gli esclusi sono più capaci dei vip. e che che se vuoi puoi chiedere davvero che le cose cambino. staremo a vedere magari domani succede anche in altri paesi...        

venerdì 15 febbraio 2013

La prima sorsata di birra

E' l'unica che conta. Le altre, sempre più lunghe, sempre più insignificanti, danno solo un appesantimento tiepido, un abbondanza sprecata. L'ultima, forse, riacquista, con la delusione di finire una parvenza di potere... 
Ma,  la prima sorsata ! 
Comincia ben prima di averla inghiottita. 

Già sulle labbra un oro spumeggiante, frescura amplificata dalla schiuma, poi lentamente sul palato una beatitudine velata di amarezza.

Come sembra lunga, la prima sorsata.

La beviamo subito, con avidità falsamente istintiva. Di fatto, tutto sta scritto: la quantità, né troppa ne troppa poca che è l'avvio ideale; il benessere immediato sottolineato da un sospiro uno schioccar della lingua, o un silenzio altrettanto eloquente; la sensazione ingannevole di un piacere che sboccia all'infinito...intanto, già lo sappiamo. Abbiamo preso il meglio. Riappoggiamo il bicchiere, lo allontaniamo un po' sul sottobicchiere di materiale assorbente. 

Assaporiamo il colore, finto miele, sole freddo,. Con tutto un rituale di circospezione e di attesa, vorremmo dominare il miracolo appena avvenuto e già svanito. Ma contenente e contenuto possono interrogarsi, rispondersi tra loro, niente si riprodurrà più. Ci piacerebbe conservare il segreto dell'oro puro racchiuderlo in formule. Invece davanti al tavolino bianco chiazzato dal sole, l' alchimista geloso salva solo le apparenze e beve sempre più birra con sempre meno gioia.
È un piacere amaro: si beve per dimenticare la prima sorsata ... 

Philippe Delerm 
letto da Giampaolo Gravina 
al bar del Fico  Roma 2012 

Non è la prima volta che la leggo o che la faccio leggere... ci sono incontri amicizie che ti segnano e che ti riportano indietro nel tempo. 
Ivano Urban è il decano degli osti romani, barman atipico unico nel suo genere, ha un mare di storie da raccontare e di ospiti ne ha avuti veramente tanti. Nel corso degli ultimi vent'anni la Roma di Tor Millina e di Piazza del Fico è cambiata. Nella stessa piazza si è passati dalle fraschette con le famiglie del rione, ai locali al "Locale" dell'onda Romana, la Vetrina il Johnatan Angel's, oggi ci sono le pizzerie in serie, da un luogo di scambi illeciti si è arrivati al triangolo del prosecco. Le facce sono molto cambiate in vent'anni. Ma Ivano è rimasto lo stesso.  
Giampaolo Gravina è uno dei più raffinati palati romani, degustatore professionista, cura la guida del lazio e lavora con l'Espresso. E' stato oste prima all'Arancia Blu, e poi da UnoeVino, lo conosco dal '92, mi iscrisse all'Arci Gola ed è anche colpa sua se sono così.  

"Osteria Del santo Bevitore",  è invece un progetto ambizioso, un viaggio in Italia con vista dal basso che nasce sull'onda dell' emozione di un lutto: Gianni (Brufa ?) a Perugia. La mattina del 8 di agosto ha spento le luci del locale che aveva in Piazza dei Priori e ci ha lasciati da soli senza motivo alcuno. Mi sono così ricordato di quante volte avrei voluto raccontare di certi incontri e di certe situazioni prima che queste sparissero, che il tempo la velocità e i negozi di mutande e casalinghi cinesi cancellano con la velocità della modernità  e ce li togliessero anche dalla memoria. Così spulciando tra libri e appunti di viaggio mi sono ricordato che di mestiere facevo documentari e che queste sono storie da raccontare, come personaggi, leggermente  migliori di me hanno già fatto e sicuramente  in precedenza: Soldati, Piovene, Pasolini, Ivens. Un mondo con vista dal basso dove davanti ad una tavola o ad un bancone del bar, o meglio dietro ad un bancone, su di un banco di attrezzerie c'è un mondo da raccontare. Gli osti, gli artigiani, gli artisti, sono il nostro mezzo, i migliori psicologi che si possa incontrare. Intanto sono economici con dieci euro, alle volte venti puoi passare la serata al banco, li troverai chi ti racconta o ti ascolta. ma com'è la vista da dietro il banco la vita con mille facce ?. 
Il documentario è questo lasciare tracce, raccontare e farsi raccontare storie.   

martedì 5 febbraio 2013

Non bucatini, mangio volentieri carboidrati

All'interno del supermercato il comparto che preferisco è quello della pasta e dello scatolame: è matriarcale, avvolgente, stranamente non ci trovo mai nessuno. La pasta per un italiano in genere è una certezza è il massimo della tranquillità. C'è una teoria fantastica inventata da uno studente di fisica dell'Arkansas, Bobby Henderson, il quale sostiene che l'universo sia stato generato dalla volontà di un mostro volante costituito da un nucleo di polpette al sugo e spaghetti. Anche se sembra uno scherzo di buonissimo gusto – è il primo Dio commestibile -, il loro sito internet (venganza.org) gode di migliaia di adepti i Pastafari, sono dei pirati che adorano la pasta, la birra e il topless. Indipendentemente dalle stravaganti religioni americane la pasta gode di innumerevoli vantaggi: innanzitutto costa poco, è straordinariamente duttile, buona semplice da preparare, offre migliaia di combinazioni possibili. Anche lo studio inglese di questa settimana trasmesso a reti unificate segnala questo mese “la dieta mediterranea, a base di pasta, verdure e olio d'oliva ” sembra faccia bene alla salute. Testuale “i carboidrati sono necessari ad una dieta sana soprattutto se ricca di fenoli ” “Carboidrati ? “
Se la mettono su questo piano io la metto così : dicessero anche che la pasta crea tossicofilia e trasforma chi se ne nutre in rane pescatrici, la mangerei comunque, qualunque cosa ne dicano le università inglesi. Mangio pasta almeno quattro se non cinque volte alla settimana. Anche se non so cosa siano i carboidrati.
Quando non so cosa cucinare, perché il frigo è vuoto come la testa di un partecipante al “Grande Fratello”: l'immancabile alice sottolio del 52, il formaggio verde che non è un gorgonzola, la cipolla germogliata, una lattina di acqua tonica da offrire in alternativa al chinotto, due casse di vino bianco, erbe e odori mosci e cupi, posso comunque inventare o rimediare una pasta. Impossibile farne a meno, ci vuole meno che a uscire a prendere una pizza da asporto. Tre volte se non quattro, alcuni sei volte alla settimana per 52 per ogni anno della vostra vita. Avrete mangiato continenti di grano, interi silos digeriti e insaporiti con centinaia di varianti.
Se voleste calcolare quante volte avete mangiato gli spaghetti alla carbonara allora fate così, potete provarlo anche coi vostri amici :

formati di pasta conosciuti = n (da 0 a 100)
tipi di sughi da voi conosciuti = x
media dei pasti a base pastasciutta settimanali = y
anni della vostra vita (anno in corso - anno di nascita ) = @
e quindi calcolate

Carbonara = @ * 52 * y / n * x

se proprio siete dei sofisticati e ritenete questa formula insufficiente, allora potete applicare la media ponderata laddove se sino a 10 anni vi è stato imposto solo sugo di pomodoro e una volta a settimana le polpette o il castrato. Se ricordate che la pasta con la mollica o la salama da sugo ovvero l'nduja vi è stata imposta nelle occasioni particolari si sviluppa questa formula alternativa :

Carbonara ! = (@ - 10 * (52 * Y)) ² / ( n * y – 1) ²

potete ovviamente eliminare i decimali.

A chi sostiene che la pasta è banale, rammentatagli che la pasta al ragout (ragù in bianco con carne a pezzi) era presente nei menù di George Auguste Escoffier che la servì a sua maestà imperiale Francesco Giuseppe, e che il più noto timballo della storia è servito da Ceréme il cuoco di Taillerand (maccheroni, carne, formaggi e tartufo bianco) durante la conferenza di Vienna, a tutto vantaggio della grandeur francese. La cucina è chimica, matematica, metodo, cultura, gusto, civiltà. 
Il gusto si impara la pazienza si impone, la matematica esiste e non c'è niente da fare. La civiltà è il risultato. Così li mangio volentieri i carboidrati. 

lunedì 4 febbraio 2013

Pistacchio


Era partito d'estate, alla fine della scuola, per fare vacanza, ma anche per crescere, come si dice "per fare esperienza". Tosto e fragrante, giovane imbelle lasciava la sua Randazzo, colmo di speranze e carico di aspettative. Avrebbe frequentato il bel mondo, via Veneto a Roma, Piazza della Libertà a Trieste l'avrebbero visto in allegra compagnia a Venezia per il festival e la Biennale, o in galleria a Milano, ma era parco e di cultura cattolica, quindi drink, aperitivo e la balneare Viareggio che tanto gli erano stati decantati gli lasciavano solo un senso di vuoto aumentandogli la nostalgia per la sua terra. Non l'avevano, questi svaghi continentali, convinto più di tanto, e nella sua peregrinazione nelle varie città, Napoli, Genova, Roma, Pietrasanta, Venezia, Stresa e infine Trieste, gli era rimasto un vuoto, una sensazione di incompletezza, era profondamente deluso. 

Lui focoso, serio, amava poco perdere tempo e dilettarsi con simili facezie,  preferiva meditare e lavorare per costruire un miglior futuro. Lui era certo che con serietà, moderazione Lui avrebbe lasciato il segno, era certo di meritare una folgorante carriera, d'altronde come dargli torto, non era forse il più bel Pistacchio della Sicilia, e quindi era dato credere, del mondo intero.

Gli aveva telefonato un giorno Sua madre e girato una allettante proposta, di unirsi alla D.C.T. (Dolci Compagnie Trinacria), ma lui aveva declinato, ben ché fosse un posto riservato solo alla migliore gioventù siciliana, la trovava squallida, provinciale, tronfia, stare con quei buzzurri dei Cannoli, la Ricotta e i Canditi, famiglie bene ma pur sempre di provincia, una ben misera soddisfazione, troppo poco, un lavoro ordinario che qualunque pistacchio con un po di carattere poteva fare. Lui no, aveva viaggiato studiato e visto quasi tutto il continente, meritava di meglio.


Comunque qualcosa era irrisolto, ancora gli sfuggiva. Non si sentiva affatto realizzato, si trovava in quella "linea d'ombra" che i comandanti di nave a vela tanto temevano. Fù così che, in Galleria a Milano un suo caro amico, tal Martini o Rossi, una sera seduti in un bar gli raccontò di aver sentito parlare bene della Bolscèvica Bologna, terra di comunisti ma anche di profonda cultura, dove,- dicevano altri - , era facile perdere la propria morale. Il nostro, battè di pìglio, e tronfio di orgoglio, si sfidò, disse all'amico che lui problemi di perdizione non ne aveva, che la sua condotta era oramai immutabile, da navigato lupo di mare quale era diventato, "che tanto aveva visto e tanto provato", nulla più lo avrebbe stupito o scalfito. 
Ma, disse poi - in realtà mentendo, perché invece ne era profondamente incuriosito -, che "una città vale l'altra e la lascivia o i vizi" di una città a lui non avrebbero fatto "ne caldo, ne freddo". 



Tant'è che lasciò Milano il giorno dopo, e se ne partì ... alla volta di Bologna. In realtà, soprattutto all'inizio la città non gli piacque un granché: Tortelloni boriosi, vecchi Lessi in Carrello, Pesanti Fritti, Lambrusco, una montagna di Squaccheroni che male legavano al suo essere dolce, e non ultimo "era piena di Culatelli" – "e che faccia tosta", ne andavano anche fieri, "venivano dalla provincia e sfacciati si vendevano anche piuttosto cari", "lui che razzista non era" ma ... certe cose non lo, - diciamo -, "convincevano" (così scrisse alla madre). Un giorno ormai stanco dei portici, e in procinto di ripartire ... un giorno di sole (in una terra così nebbiosa caso alquanto raro) ... La vide....

La luce del sole s'era infilata dal portico e la faceva brillare, la mostrava lucente, un angelo. Il silenzio che si creò, per qualche oscura coincidenza, aumentò di molto il suo stupore, era li davanti a lui che rideva e scherzava con tanti maschi anche stranieri, non ebbe occhi che per Lei.
Perse il sonno e l'allegria, la fede e altro ancora. Non riusciva più a dormire e per più notti, passo in veglia sospirando e fremendo, ma lei era sempre circondata da altri. "Come faccio" - pensava il misero – "come l'avvicino". Pensava e fremeva, sospirava e sognava. Dopo diversi giorni di appostamenti e inseguimenti ... finalmente se la trovò davanti, sola.

Lei gli sorrise, e per un nano secondo, un momento, un breve momento la voluttuosità di quello sguardo e le promesse che offrivano, un morbido corpo su cui tuffarsi, il suo profumo inebriante, lo fecero completamente impazzire.
Perse totalmente e definitivamente la testa, fu amore, 

Amore vero, come si dice con la A maiuscola. 

Ma, ahi noi, come tutti gli amori veri fu un amore tragico. Lei l'aveva visto "quel bel terrone impettito e muscoloso", ma i suoi pensieri peccaminosi da donna vissuta, contrastavano e non poco, con quelli puri e possessivi del pistacchio. Lui la corteggiò, e lei dimostrò di accettare la sua corte.


Lui le scrisse lettere d'amore, le portò regali, le chiese di uscire di andare nei  bar. Ma, Lei era golosa, più adatta ai picnic e all'osteria, amava il popolo le basse compagnie,i lavoratori con quelle mani forti, zozze, callose, Adorava la forza, il maschio selvaggio, il sudore e la fatica. 
Lui era troppo innamorato e dolce per i suoi gusti, e Lei continuò a frequentare altri oltre che Lui. 
Fu cosi che dopo tanto logorarsi e su consiglio di un culatello, pistacchio ormai verde di gelosia della sin troppo facile e maiala Bolognese Mortadella, dopo tanti falliti approcci, le si offrì, nudo. 

Il piccolo pistacchio perse così la sua scorza da maschio latino, la sua imperturbabilità e la sua leggera ma dura, pelle croccante. Quale sfortunato amore di un Siciliano abituato ai sarcastici Capperi ai Dolcissimi Zibbibi, ai miti consigli degli anziani Marsala, innamorato della grande Mortadella, una nordica grassa e ridanciana Bologna. Grassa, coi suoi, di cattivo gusto, pallini bianchi, che con lui inoltre rivaleggiavano in dolcezza. Lei così vivace, dolce, amabile e fresca, Lei era per Lui il ricco Nord freddo e nebbioso, ma anche solare e divertente, leggera nella sua grassezza, infinitamente morbida, e a tutti simpatica nel suo colesterolo, e nella sua poca spocchia. Nulla gli rimase se non farsi abbracciare da cotanta eccessiva trasbordante ricchezza, e resosi anche lui Maiale, si perse nell'incanto dei profumi di pepe e altre spezie, tra conservanti, che sono come la plastica nel salotto buono. Infine abbracciato alla sua grassa compagna, traviato nel vorticoso giro dalla lussuria, fini in un abbraccio fatale, in un magro mezzodì, con una infima, pecoreccia e calda, Pizza Bianca (anche lei emigrante, napoletana ma questa è una altra storia).

Nell'estasi, di un morso operaio.