giovedì 15 settembre 2011

ll MIO BIO. Parte prima mio cuggggino


Non posso arrivare a concepire la pratica vegetariana. Io sono profondamente carnivoro. Ciò non toglie che ho un profondo rispetto della natura, e trovo inconcepibile lo scarto. Sono favorevole al Bio, che è in fondo più semplice per me che divenire vegetariano rinunciando alla carne.
Alcuni confondono le cose: il vegetariano è quell'individuo che del tutto o in parte non si nutre di prodotti derivati dal mondo animale, vivi o morti che siano, anche se tra loro alcuni (buddisti compresi) si nutrono di pesce e di uova. Ci sono poi i macrobiotici che hanno dalla loro una insipida (al gusto) complessa filosofia alimentare. Infine i vegani, che sono i più radicali e intransigenti, arrivano addirittura a non usare la lana, perché prodotta dallo sfruttamento delle pecore. Anche se utilizzando vestiario prodotto nel far est asiatico spesso sfruttando (inconsapevolmente sia chiaro) un altro animale cioè l'uomo. Comunque sono teorie degne di rispetto e meno dannose degli esperimenti nucleari, che godono da noi moderni consumatori sempre più adepti e simpatizzanti.
Il Bio è il prodotto dalla terra, cioè biologico, naturale. E fin qua...
Nei tre negozi specializzati in Bio in cui sono entrato ho trovato invece delle cose che mi hanno lasciato perplesso: Il Tofu (una cosa per me orribile) buono a mio avviso per kung fu panda, o le bistecche di Soia altra porcheria che poco ha a che vedere con la terra, mi domando ma la Soia non è un baccello ?, e altre stramberie quali le brocche con il filtro per l'acqua ricche di nitrati (sulle quali non mi esprimo, spero riesca la magistratura a toglierle dal mercato), il tè giapponese coi legnetti, il pane di segale e avena e non so quale altro cereale e altre cosucce che con un contadino non so che c'entrino.
Tutte comunque molto lontane dalla mia cultura alimentare.
Ho una idea personale del Bio :
Mio nonno era coltivatore, coltivava un piccolo terreno con metodi arcaici , quindi presumo Bio. Faceva pochi trattamenti quali l'acqua ramata e la bordolese. Possedeva del bestiame, cavalli e mucche che producevano credo con piacere lo stabbio (la cacca), inoltre pascolavano in giro svariate galline (libere in genere) che azotavano il terreno. Con tutta questa cacca si concimavano pomodori e altre cose dell'orto che crescevano stortignaccole ma saporite. Si raccoglieva la frutta dagli alberi litigando con vespe e uccelli. Si mettevano trappole per lepri e fagiani. Le bestie mangiavano parte di ciò che producevano erba e fieno, i maiali scarti dalla mensa umana e il sottobosco se potevano. Le bestie così davano all'uomo questo potere di giudice pianificatore. L'uomo alleva coltiva e mangia. Non era una cattiveria era una necessità, una norma di sopravvivenza (civile). 

Tutti o quasi abbiamo dei cugini. Il mio era ed è più grande di me di circa tre anni. Egli possedeva un fucile ad aria compressa, con il quale sparava per diletto nel sedere delle galline, per farle saltare... che salti tre anche quattro metri sembrava volassero. I bambini si sa sono piuttosto crudeli nei loro giochi. Chiedo di sparare anche io. “guarda che devi prenderla nel sedere” mi dice passandomi il fucile. Miro bene al sederone del gallinaccio e sparo, BANG. La gallina anziché saltare, si volta ha un sussulto, si gira compie una piroetta e con un breve suono stridulo stramazza al suolo. Silenzio totale, TOTALE, nulla nemmeno un trattore, una motoretta, un aereo, un dannato vuoto, una pausa del mondo. Mio nonno esce in cortile vede il pollo steso a terra, morto. Ci chiama “chi è stato?”. Mio cugino, solidale come lo sono tutti i bambini, coerente col giuramento di sangue che mi aveva imposto (e che mi impone ancora oggi), non ha dubbi. Mi indica con il dito indice e dice : “LUI”. Mio nonno ha gli occhi infuocati è vagamente incazzato, non bestemmia solo perché non l'ha mai fatto e non vuole cominciare per colpa mia, ma temo mi dia un ceffone con quella palanca ruvida e callosa che corrisponde alla sua mano.
Invece mi guarda sogghigna:”vieni qua, sei stato tu ?” (primo esercizio di retorica). E' ovvio, il cugino è un pentito, mi ha denunciato, ho il fucile in mano, anche se non è fumante, è comunque un fucile, che dire “si mi spiace pensavo...” attendo una punizione...
Nonno non è sconvolto, non urla, è calmo (troppo) e mi dice: “bene è ora che prepari la cena”. Tutto qua ? Pensai “una pacchia”.
Non sapevo cosa intendesse con “cucini tu”.
In breve: sobbollire a sessanta gradi, spiumare la gallina, togliere le interiora, (i fegatelli e alcune interiora da parte vanno cucinate con l'aceto e mangiate col pane vecchio), metà in brodo compresa la cresta, il resto in forno con patate. L'avanzo pasticciato o in polpette o in insalata. E ho dovuto mangiarlo tutto e da solo. I polli di campagna, soprattutto quelli che razzolano il terreno sono duri grossi e interminabili se mangiati per punizione. Il puzzo delle piume bagnate e bruciate, le interiora, il sangue sulle mani, mi hanno lasciato la nausea verso il pollo per anni. Ci misi due giorni a finirlo , con mio nonno che aspettava e rideva.
Alla fine mi disse:”l'hai uccisa inutilmente non va sprecata”. “la mangi tutta” era la minaccia. Tutta è oggi la mia regola.



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