sabato 27 agosto 2011

il bar nel mare


Mi sono trovato a pensare l'osteria perfetta. Fanno bene gli inglesi a definire il bar o il club una Pubblic house, PUB appunto, un luogo d'incontro: aperto e accogliente come sarebbe la casa di un amico. Mario Soldati, durante i suoi viaggi ha sempre cercato un'osteria (senza hacca come Buzzi) con la speranza di trovarvi annesso il campo di bocce. Buzzi stesso cercava nel mentre il luogo dell'armonia e la buona compagnia. Qualche giorno fa è morto Gianni, del caffè del banco, un grande, scorbutico, toscanaccio prestato per caso a Perugia, un barman appassionato e colto, lo ricordo con piacere, purtroppo mi mancherà.
Che cosa è che fa un bar? Potrei dire che la discriminante prima è la posizione: Rosati a Piazza del Popolo, Sant'Eustachio al Senato, la terrazza del bar di un Hotel di Amalfi, l'Harry's di Venezia o Cipriani, l'Hotel de Russie … no, non credo, se è vero che ho frequentato bar per vicinanza e facilità, questi non sono i bar come li intendo io. Qui se anche sono andato, sono stato turista, avventore, cliente casuale, non ho interagito, almeno io in questi posti di solito consumo, pago e tanto basta. Una seconda discriminante, sono i clienti. Quello che i dementi del marketing definiscono il target. Chi frequenta “questo” bar, mi ci trovo bene? Mi sopportano? Un Bar serio ha una propria identità, dei personaggi fissi che lo animano o che vi transitano. Dei rapporti tra gestore e avventore consolidati nel tempo, delle confessioni e delle storie sue che si sviluppano nel tempo, delle trame, vite e racconti più o meno veri, più o meno interessanti. È talmente ovvio che Stefano Benni ne ha fatto addirittura un libro e che Claudio Magris lo usa come studio, salotto sedendo fisso al Caffè Degli Specchi. A questo punto la domanda è: come riconosco il mio? Passo primo. Com'è arredato: minimalista, chic, zen, paradossale, coloratissimo, avanti nel tempo con residui anni 80? il mio è semplice spartano al limite del bicchiere col calcare residuo, comodo, caldo, accogliente, senza tempo, magari col giornale da leggere, possibilmente non il corriere dello sport, o non solo quello. Passo secondo per quale motivo ci vado ? Per incontrare altre persone o comprare il latte ?. Mi piace pensare di essere in grado alla terza volta che entro, di poter salutare almeno due clienti oltre che il proprietario. Ovvio che se il barista non ti saluta è meglio cambiare il bar (Lui il mestiere). 
I rapporti di questo genere alle volte appaiono superficiali, in realtà succede ed è successo, si dimostrano profondi. Spesso in quel gruppo di persone i rapporti si confondono e nascono amicizie, alle volte anche storie complesse. Alcuni esempi dei bar: ovviamente cambiati nel tempo, il Cirrosy's di Michele F. e Roberto C. è stato uno dei primi, il Bar a Book di Fabiola di Vittorio, la Pollarola, lo Zoe bar di via dei Falisci, il baretto di Tor Millina con Fabio e il mitico Ivano, il Bon Bock di Stefano e i due Sandro, il bar di Gusto con Pino al bancone ... e qui mi si accende la lampadina … Ecco cosa fa un bar, non il bar ma l'oste, l'armonia del personale e la compagnia che ci si trova. È un momento magico che dura solo qualche tempo, entri nel bar e ti senti a casa gli altri ti accolgono e nascono rapporti umani, altro non c'è.
Rifugio di peccatori, incontro tra persone e scambi.
Grazie Gianni per avermi accolto a casa tua, mi mancherai.      

venerdì 19 agosto 2011

costruire con le balle di paglia

e
Nel cuore dell’Umbria, a Passignano sul Lago Trasimeno, sorge il centro Panta Rei, un centro di esperienze per l'educazione e la formazione allo sviluppo sostenibile in cui alla ricerca si affianca l'esperienza sul campo. A Panta Rei si usano materiali...