giovedì 30 giugno 2011

Lontano da dove? un confine


Al confine della Dragogna valico di Sicciole, passare dalla Slovenia alla Croazia è un po' come volare in cinquanta metri dalla Germania alla Grecia.
L'atteggiamento della polizia liubianese è un misto di ostentata efficienza nordica e spocchia asburgica, con un residuo di durezza comunista appena avvertibile, divise perfette uffici di frontiera lucidati, aiuole con i garofani. Tutto sembra volerti dire: attenti qui finisce l'Europa, li comincia l'Est, la guerra, l'inefficienza, inaffidabilità. Finiti i tempi della solidarietà cattolica contro la Grande Serbia. Ma è un errore prospettico perché invece dell'Est dall'altra parte trovi il Mediterraneo, l'allegro caos del nostro meridione. Provvisori container per uffici, eterni lavori in corso, operai in canottiera tostati dal sole. “Una faccia una razza”. Donne che vendono miele e ciliege sulla strada, che si fa in quattro per indicarti la strada da percorrere, il doganiere che ti parla in italiano senza fartelo cadere dall'alto. Gran vento sulle pinete odore di resina e salsedine, per terra un tappeto di fiori d'acacia. C'è subito più spazio, il soffocamento demografico dell'Istria costiera slovena, finisce di colpo: a ogni metro verso Punta Salvatore la vista si moltiplica il crinale è come un ponte di un transatlantico lanciato in mare aperto che le radici resistono ancora. Resistono nonostante il vento forte, il cielo abbacinante e una terra maledetta piena di pietre; nonostante la guerra, i profughi e una crisi economica appena mitigata da un ritorno al turismo. Dietro ai muretti o nei cortili intuisci l'orgoglio, l'attaccamento alla campagna e al lavoro. Punti verso il faro, e già i nomi dei villaggi cominciano a cantare, Bassanese, Zambrattìa, Borosìa, rosmarino e Mediterraneo. Barche di pescatori a secco. Poi il mare aperto. (Paolo Rumiz)      

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