domenica 1 giugno 2014

Hautee e Desco : Bocuse e casa mia parte prima

L'altra volta ho scherzato sulla alta cucina, sopratutto la mia, ora vado di serio per cui chi mi conosce come leggero e vuole ridere per una volta cambi pagina o post. C'è una differenza sostanziale tra la buona "Cucina" e  l' Hautè. 


Aldo Buzzi  nel'62 la definiva l'omaggio della inutile H alla Osteria.
Ma c'è n'è anche una ancora più devastante tra La Cuisine du Marchè e la Cucina Italiana. 

Mettiamola giù in modo più chiaro. 
Paul Bocuse nel 1969 (circa) assieme ad un gruppo di bravi cuochi traccia la linea della rinascita della cucina francese. Ferma alle regole dai tempi di Escofier (con le partizioni in cucina tra chef de ciusine, de sous, de partie e Saucier ... Còmis) e le regole del buon servizio del Pellapratt chef de rang etc. Con le ricette ancorate alle memorie di Carème e sulla tradizione localistica francese, soprattutto quella di Perguad luogo di proprietà del suo Mecenate Taillerand. 


Di questa ripartenza si nutre la Nouvelle Cuisine che devia per un verso alla spettacolarizzazione stile Futurista dei Marinetti e Filla sino ad arrivare al colpo ad effetto stile Gualtiero Marchesi e il risotto di socialista memoria o del genio di Ferran Adria. 
Con un altro lato dal mercato (marchè) nasce un movimento di riscoperta delle origini (più vicino a mio avviso al pensiero originario di Bocuse) della tradizione Italiana capitanati da Ada Boni (il Talismano) e da Veronelli Carnacina. 
La vera rinascita italiana della tradizione è attribuibile ad Angelo Paracucchi che (insegna e) traccia nella sua "La Cucina tra creatività e tradizione" il filo di innovazione e di stile che oggi vediamo apprezzare nei locali italiani.

L' haute invece è spettacolarizzazione ricerca estrema del materiale di prima scelta, raro, esclusivo, compie un omaggio anche se involontario, all'eccesso. ed è vicina ad Apicio (de re culinaria) che alla funzione del cibo a tavola.
La domanda infine è questa: qual'è lo scopo della cucina? 
Qual'è la ricerca che i gastronauti si pongono, con quale approccio voi vi recate a tavola ?. 

Chiunque nella sua vita abbia cucinato ha percorso o percorrerà quattro fasi : apprendimento base, curiosità e sperimentazioni varie,  sopravvivenza e/o guizzo, ritorno alle origini (infantili). 
Noi italiani siamo fantasticamente agevolati. i prodotti medi del mercato sono eccezionali a dir poco.La  cucina cosi detta regionale è straordinaria sia in varietà che in qualità. Ora, da cosa deriva la nostra cucina : da due fattori
primo la disponibilità sulla piazza della materia prima 
secondo in alcuni casi dalla necessità di stupire, conquistare.  

In altri termini Sedurre e Sopravvivere.

Il caso più semplice come riferimento è quello delle preparazione del pesto ligure che dopo la sconfitta dei Pisani si basa sui pinoli in aggiunta ai tre prodotti liguri base olio, aglio, basilico e fagiolini. o anche nell'utilizzo del popolino romano del quarto quinto cioè degli scarti dei signori, reso nobile in quanto difficile da preparare.  Alcune seduzioni :  Il pranzo degli Sforza e la nascita del Panettone, Vatel il maestro di cerimonia del Re Sole,  il Trimalchione, Pantagruel, Addirittura in el Cid di Cervantès, e ancora seduzione in quanto tale : Alan Bai ne "L'amore goloso", Le "Ricette immorali" di Vasquez Montalbàn. Ecco, questi sono dei classici esempi di cucinare per sedurre conquistare, abbagliare, il cibo è visto come mezzo spettacolare di conquista dell'ospite. Come dimostrazione di forza e potere alle volte di superbia. Questo è come io vedo la Hauteè. 


Mentre nel sopravvivere la cucina regionale italiana, "il Talismano della felicità", "il viaggio di un cuoco", i racconti delle nonne, qui trovo la mia passione : un tavolo sghembo, una tovaglia di lino grezzo o meno con un alone di chissà quando, poche cose ma fatte con amore, nella apertura del mio frigo che è triste e un po umido,nell'utilizzo al meglio delle risorse locali (quello che oggi chiamano chilometro zero), piatti semplici con ingredienti anche riciclati, con un costo medio basso con sapori mai troppo invadenti, questo è il Desco.  A questo sono pronto a dedicarmi alla cura dell'ospite alla conversazione (con tv spenta) all'incontro, questo tipo di cucina la trovo in molti casi in posti infimi, semplici. 


Chi si approccia novello alla cucina normalmente impara le basi, e quasi mai bene, tenta per primi i piatti semplici, poi preso da insana curiosità ed egocentrismo pastrocchia fa esperimenti, si passa così all'esotico, si mischia male scimmiottando le cucine internazionali soprattutto quelle asiatiche. Poi varia a favore delle università inglesi, e subisce il marketing, alla fine se è sano ha uno choc e torna indietro, altrimenti continuerà a sbagliare senza crescere mai. Una mattina ti svegli e ricordi le cose che ti piacevano veramente nel momento migliore della tua vita, cioè quando avevi otto dieci anni. Li capisci che l'ingrediente fondamentale era l'amore, la compagnia, il sorriso, la gioia degli occhi e la voglia di stare assieme e di condividere. 
Ecco io valuto una cucina così : con quanto amore lo fai, e su questo non ammetto reclami. Per Haute c'è sempre tempo, in fondo è uno spettacolo  e a suo modo anche caro. 
Lasciate un posto a tavola verrò volentieri se l'ingrediente è l'ospitalità. 
           
                      

venerdì 30 maggio 2014

conflitto generazionale o presa per i fondelli ?



F. Rampini di repubblica spiegava al pubblico televisivo di Agorà, il conflitto tra generazioni che si è creato in Italia, e su come la mia classe (69) sia in conflitto con la classe 40 e quella 50 primi 60.

La mia è una classe che è cresciuta distorta. Figli del 68 e del Boom economico, ci hanno educato al conflitto tra bene capitale e male comunismo, siamo cresciuti studiando tra Impero del Male e l'edonismo Reaganiano.

Ho iniziato a lavorare negli anni 90, facendo dal trasportatore al regista Rai, in un momento storico in cui mi ero convinto che il posto fisso fosse da imbecilli e figli di Papà scemi, ho tollerato i raccomandati e i nullafacenti perché c'era lavoro anche per gli altri, ci bastava sognare per vincere. 

A trent'anni ho potuto comprarmi una casa, ho prodotto un film per le sale cinematografiche, ho fatto il 16 % di share su Rai Tre, e se sono un perdente, o un mediocre non me ne capacito.

Perché mi chiedo ?
Perché non ho dimostrato che avevo voglia di lavorare ?
Perché mi sono permesso di credere nei miti della meritocrazia ?
Ho sognato che i bojardi sparissero con i loro fallimenti che venissero messi da parte, che quegli idioti che hanno devastato il sistema economico e sociale del nostro paese sparissero nei paradisi fiscali inghiottiti dalla loro inerzia ? .
Ho sperato che una giustizia esistesse, che ci fosse una corretta morale. In fondo ci era stato insegnato questo, che la morale premia.
Era stato possibile altrove, perché in Italia no?.
Perché l'Italia rimane un paese feudale, dove tra 'ndrine e partiti politici c'è poca differenza, tra merito e promozioni un abbisso di stupidità.

Nulla si è mosso negli ultimi venticinque anni che non fosse tesserato possibilmente alla P2.

Nulla che non sia un parente o un amica ha avuto la possibilità di parlare.

Nulla che non sia già oltre che noto, inutile, è stato prodotto. Abbiamo assistito inermi e indifferenti alla svendita delle nostre aziende a fronte di colossali truffe bancarie, visto chiudere le eccellenze colpite da stress di management allevati alla Bocconi o alla Guido Carli.




Nel mentre i gioielli di famiglia si svendevano, le aziende pubbliche venivano gestite da produttori di affari inutili e fallimenti a danno dello Stato.
Parmalat, Enichem, IRI Cirio-Bertolli-De Rica, MPS, Olivetti, Antonveneta sono solo degli esempi di gestioni fallimentari per non dire di m....a :Alitalia, Ferrovie, ed altre; e nel mentre i bojardi  come Fabiani, Cimoli, Profumo  prosperano e i portaborse di moltiplicano.

Oggi siamo alla gerontocrazia più totale; Mummie, siamo governati da mummie e da incapaci solo per demeriti famiglie e mazzette, Ndrine appunto.

Cosa ci rimane da fare ? rendersi conto dei propri limiti, ma non chiedetemi di votarvi o di partecipare, non ne ho voglia. i più fortunati hanno potuto andarsene, io per incapacità sono restato e me ne pento.

Ho assistito inerme all'occupazione del paese, ad una gestione immorale e maligna



Con le elezioni si compie l'ennesimo Arrocco e  magari fra dieci anni saremo ancora qui a lamentarci.

Se la mia è una generazione fallita, che giustamente porta rancore per dirigenti che hanno approfittato della nostra stupidità. Non c'è uscita, il sistema è fallito ora ci metteremo una pezza facendo pagare il conto (a vostra insaputa) ai nostri figli. 
Non chiedete pietà non ne avrete. 
Siete delle Merde. 
Ma questo ci siamo meritati.
oppure No ? 
       .             

Il Riso degli inferi - alla maniera di Carème

Il Riso degli inferi - alla maniera di Carème

Salendo verso il lago di Garda si incontra Isola della Scala (dai Scaligeri che ne furono signori) e isola perchè circondata dalle paludi bonificate dai veneziani. Qui si incontrano le risaie di Vialone nano veronese, che è un Igp particolare avendo la caratteristica di essere coltivato in aree irrigate con acqua di risorgiva, in pratica la sua area di produzione coincide con l'alto bacino idrografico del fiume Tartaro.
Nel Tartaro venivano collocati anche alcuni grandi colpevoli del mito, quali le Danaidi, Sisifo. Su di esso poggerebbero le radici della terra, del mare e del cielo. Nel Tartaro remoto e tenebroso lo gitterò, voragine profonda (Omero l. 8 v.18-20) e ci mettiamo anche un Virglio (Eneide) che qui vi posta gl'Inferi (Eneide).
In realtà qui è piatto oltremodo tranquillo, pianura e Polesine fiumi e risaie. Non so se è polesine, ma le risaie hanno questa caratteristica di tranquillità che mai ti aspetteresti. Invece Omero scrive : questo lugubre fiume delimita il Tartaro ad occidente, ed ha come tributari l’Acheronte, il Flegetonte, il Cocito, l’Averno ed il Lete. Le ombre che non hanno moneta devono attendere in eterno sulla riva, a meno che non riescano a fuggire ad Ermete, la loro guida e custode, introducendosi nel Tartaro”.


Detto cosi mangiare un riso risulterebbe strano, se ci andate una sera dopo il VinItaly magari vedete anche Cronos che si libera.

Ma se arrivate alla locanda di una riseria La risotteria della Melotti di Isola della Scala a 12 km da Verona magari vi mangiate un bel prodotto locale.


Qui la famiglia cucina produce e vende riso, vialone nano e non solo. Ma con il riso ci fa anche il resto dalla polenta ai dolci.


I menotti mi spiegano che Il Riso Carnaroli si differenzia dal Vialone Nano in quanto il suo chicco si presenta leggermente più lungo e affusolato. In fase di cottura il Riso Carnaroli impiega qualche minuto in più, inoltre risulta molto al dente rispetto al morbido Vialone. E' poi, diverso è l'assorbimento dei condimenti: leggero per il Carnaroli, maggiore per il Vialone Nano. Il consiglio è dunque quello di usare il Vialone Nano per risotti saporiti a base di sughi di carne e burro, mentre il Carnaroli è più adatto per insalate di Riso e piatti con condimenti più leggeri come verdure e pesce. Per un risotto morbido e cremoso, mantecato e all'onda”

Quando le ombre scendono al Tartaro, il cui ingresso principale si trova in un bosco di pioppi bianchi, presso il fiume Oceano, ciascuna di esse è munita di una moneta, che i parenti le hanno posta sotto la lingua. “
Io pago il fio e mangio il riso all'isolana quella che segue è la ricetta originale del Cavaliere Pietro Secchiati l'ideatore della Fiera del Riso appuntamento annuale del comune di Isola della Scala, intorno a settembre isola della scala a Verona.


La ricetta : Tagliare la carne a dadini, come se fosse un Ragòùt alla Carème (lo chef di Tayllerand) condire con sale e pepe olio d'oliva freschi un rametto di rosmarino. Lasciar riposare per un'ora. Fondere il burro, mettere un rametto di rosmarino, rosolare bene la carne (lombata di maiale e vitello magro). Cuocere a fuoco lento fino a completa cottura della carne indicata togliendo il rosmarino. In una pentola calda preparate un fondo un fondo con burro cipolla, aggiungere il riso, se vi piace pepe in grani, e cuocere per 17-18minuti a fuoco con il brodo di ossa. Aggiungere quindi al riso il condimento fatto in precedenza. Mantecare il risotto all'Isolana con il formaggio profumato alla cannella.


(Grana e una spolverata di cannella presa da stecche – mai in polvere) eccellente ovviamente abbinare un rosso tipo Valpollicella (magari Ripasso).




giovedì 29 maggio 2014

criteri per una narrativa del nuovo millennio

Criteri per una narrative del nuovo millennio:


La LEGGEREZZA:

La sottrazione del peso. La rappresentazione della realtà comprende la pesantezza dei problemi e dei conflitti, la natura umana e il suo dolore. Togliere peso vuol dire cercare di raccontare i nodi essenziali di una realtà non caricando di concetti, opacità, ma lasciando la narrazione libera di scorrere. Insistere sulla capacità delle immagini di far galleggiare e
decollare i significati della storia, vedi stacchi musicali con immagini metaforiche, analogie,

Sintetizza così Italo Calvino:

Alleggerimento del linguaggio – i significati vanno in un sistema di segni che hanno rarefazione, inconsistenza. Descrivere un ragionamento o una psicologia usando elementi  sottili e impercettibili o descrizioni che abbiano elementi di astrazione.
Usare immagini di leggerezza che abbiano valore simbolico, Cavalcanti che volteggia sulla sua tomba, Don Chisciotte che infilza le pale del mulino e viene lanciato in aria…


RAPIDITA’:

il valore che si determina quando – identificato il protagonista e l’obiettivo della sua azione –  si riesca a condensare lo sviluppo nei pochi punti essenziali: come punti collegati da una retta che salta a zig zag lo scorrere del tempo.



Sappiamo che la fruizione sul web è breve e dipendente anche da parametri tecnici instabili.
Soprattutto sappiamo che c’è una maniera di narrare, come nelle fiabe e nelle short stories,
che usa il tempo per ottenere con la massima economia, il raggiungimento del suo obiettivo
espressivo e/o di comunicazione. Certo la relatività del tempo ha un’efficacia narrativa
quando una successione di avvenimenti si rispondono (e si collegano tra di loro) come le
rime in una poesia.



ESATTEZZA:

La piuma che pesa le anime, in un video si fonda su 3 elementi:
Un disegno del filmato ben definito (la suddivisione in tre parti di una storia, piuttosto che il rapporto causa-effeto in una news, ecc.) e ben calcolato (proporzione tra le parti, ecc.).
Immagini visivi nitide, incisive, memorabili, “icastico”. Queste immagini devono sviluppare un linguaggio preciso come lessico e rendere le sfumature e i doppi sensi dell’obiettivo di comunicazione. I dati e le informazioni contenute devono essere verificate (su più di una
fonte) e presentate con precisione (senza arrotondamenti e nemmeno presentandone in eccedenza: solo quelle essenziali).
L’aspetto fondamentale qui è evitare le immagini generiche, la metrica casuale, di tanta produzione che affolla la rete: ogni segno deve avere una sua importanza estetica, una sua necessità di forma e di contenuto; cercando la ricchezza di significati, proprio quelli che la vita, con il multiforme e insignificante rumore di fondo, sembra spesso negare.


Reputazione e comunicazione in web 2.0


VISIBILITA’:

LA POTENZA EVOCATIVA dell’immaginazione è stata spesso trascurata nei linguaggi della
TV, che nasceva come una radio illustrata, con un ruolo meramente didascalico delle
immagini. Nel nuovo millennio le immagini – e le icone – devono, e possono evocare i messaggi con maggior forza; insomma devono essere elaborati precedentemente ai testi.  Dobbiamo raccogliere una serie di immagini che per analogia, o conflitto, si dispongano sull’argomento, poi organizzarle nella struttura della storia. Per imparare a pensare per immagini dobbiamo superare l’indistinto rumore di fondo e trovare la sintesi dell’immagine “icastica”, sapendo che selezionare la realtà è il succo etico del nostro mestiere, ed è anche il più diretto parametro di confronto con la nostra storia e identità, i “da dove” di Emilio.



MOLTEPLICITA’:

Perché oggi è così importante la connessione di ogni opera con le altre? nella rete non è tanto il segno o il messaggio l’elemento che genera supremazia, ma il motore di ricerca. Le nostre opere devono tenerne conto, nel senso che in pochi segni dobbiamo sempre ricordarci di essere enciclopedici, riepilogativi, connettivi tra persone luoghi e fatti che ormai riguardano tutto il mondo: insomma globali. Diamo una particolare attenzione agli stili che
usiamo, alti e bassi, raffinati e volgari, usiamoli per creare nuove associazioni e nuove attivazioni del significato.

Poi c’è un secondo piano sul quale ragionare: quello editoriale, quello del mercato e del posizionamento che deve raggiungere il nostro lavoro. l’essere parte di una produzione – di una serie, è sicuramente un valore aggiunto, crea riconoscibilità e fidelizzazione sia nel commerciale che nel libero spazio dei prodotti video; ci aiuterà a posizionare le proposte per il mercato del prossimo millennio.

lunedì 26 maggio 2014

Questa non è una ricetta è una sfida. (che io ho perso)

Non sono abituato ai grandi alberghi tanto meno Roma, dove vivo e salvo degustazioni non ho motivo di andare. Ma nella mia reserche del risotto ho l'occasione di un incontro con uno chef milanese non posso mancare.
Il risotto per un Milanese è il re dei Re della cucina quindi il “Risotto” tra virgolette, mai un Milanese dirà un “risotto alla Milanese”, sarà semplicemente “il Risotto”. Gli chiederò a bruciapelo la ricetta esatta. La Sua, tra le mille ricette e versioni, che variano credo anche tra quartiere e quartiere di Milano.
Ma è noto che i cuochi sono dispettosi e amano più le sfide che la prassi. Questo in particolare.
Procediamo con ordine. Con un gruppo di allegri buontemponi mi preparo ad incontrare nel suo nuovo tempio di Roma Umberto Vezzoli, bergamasco classe 1960 ma Milanese di adozione lo Chef executive del Boscolo.
Lo incontro a Roma nell'albergo di piazza Esedra (per i non romani piazza della repubblica). Come molti sanno è difficile che lo chef sia presente in cucina o prepari realmente un piatto in prima persona, sono rarità per quelli che fanno per i redattori delle guide come la Michelin, e io non sono tra questi, o per regnanti o simili, idem. Invece Lo chef ci accoglie di persona, siamo solo in dodici. Una setta ? E sorpresa delle sorprese cucina lui davanti a noi con un comis che impiatta. Quattro fuochi a induzione. Un brodo già fatto e gli ospiti seduti su sgabelli davanti a lui (“molto giapponese- penso”)
Giotta occasione con lo chef a un metro che beve e mangia con noi.

Perfetta occasione per la domanda delle domande


Io: “Vezzoli cortesemente cosa ne pensa del risotto ?”.
V. : “lo adoro è un piatto a cui sono più legato, dai ricordi più teneri”
Io: un mio amico Milanese sostiene che è anche la cosa che all'estero non sanno imitare ”
V.: “io ho lavorato sia in Francia, e anche in giappone, ho scoperto che hanno una profonda stima per la cucina italiana. Io poi tra Bergamo e Milano ovviamente sono molto attento al risotto, no, non credo che all'estero ci siano chef che ne comprendano le radici. Probabilmente il tuo amico aveva ragione.
Io: Quindi posso sperare di avere una versione del risotto alla milanese ?,
V: No, non è una questione in cui voglio entrare. Non sarebbe cortese per gli ospiti farò invece un riso in onore della romanità risotto alla Carbonara.

Fare la carbonara bene è tosta (difficile) per un romano, lasciate perdere quello che raccontano. Farla veramente bene: cioè cremosa fluida con una mantecatura adatta pretende una mano ed un occhio serio, figuratevi il risotto. Fare un risotto alla stessa maniera senza stracciare l'uovo è praticamente una missione impossibile ma tant'è Umberto Vezzoli c'è l'ha fatta, ed era superba.
Se volete cimentarvi vi do ora la ricetta mi raccomando che abbiate fatto pratica prima con i risotti in genere ed con lo spaghetto prima di servirla agli amici. È fondamentale. Finite la cottura della pasta con l'acqua come se fosse un risotto abituatevi a mantenere l'acqua di cottura da parte e mantecate il formaggio e l'uovo per la carbonara in maniera assolutamente perfetta.
Per il risotto, questo in particolare mi raccomando state attenti a tre cose.
La pentola deve avere un fondo molto spesso e il manico deve pesare quanto la padella al fine che non si sbilanci mai. Il brodo deve essere sempre molto caldo, quindi mantenetelo sul fuoco fino alla fine.
Il guanciale o barbozzo deve essere il più possibile rosa e non avere tracce di muffe o rancido. Che le uova siano fresche e il pecorino abbondante.
Ricordatevi che rispetto alla pasta il sale qui è dato dalla pancetta dal brodo e dal pecorino quindi non sono necessarie aggiunte. L'aglio o il peperoncino in alcuni casi sono anche sopra il guanciale e sono ammessi quindi state attenti.

Dosi per persona
60 gr. Di pancetta o barbozzo a persona.
125 gr. Di riso carnaroli o vialone nano
1 rosso e ½ Albume
un cucchiaio circa 20gr di olio d'oliva.
40/50 gr di formaggio Pecorino Romano grattugiato molto finemente.
Pepe a piacere

Preparazione
Filettare la pancetta /guanciale (quello che avete) inseritela nella padella quando l' olio è ben caldo (intorno agli 80 gradi).
Fermate la cottura, togliete la pancetta,
inserite nella stessa padella il riso e tostatelo fino a quando cambia colore circa 3/5 minuti,
iniziate a inserire il brodo lentamente cuocete a saltate per 10/12 minuti.

A parte
sbattete le uova un rosso per pers. e un albume ogni due,
dando volume con il formaggio e il pepe.

Quindi avete tre ciotole il formaggio. L'uovo sbattuto. La pancetta

Quando il riso è al dente inserite la pancetta il formaggio e un ultima mestolata di brodo tirate il liquido, spegnete la fiamma e calate l'uovo
girate o saltate come forsennati mantenendo sempre l'onda a costo di aggiungere brodo (a Vezzoli non è servito).
Impiattate e servite su piatti bollenti
se l'avete fatta bene una fetta di pancetta fritta come guarnizione.


Se l'avete sbagliata la prima volta non demordete è veramente un piatto difficile. Ci sarà un motivo perchè Lui ha la stella Michelin. E noi,no ?

La cucina del NEP e delle elezioni.

Le ricette di una volta : Bambino alla comunista.
  
In un un testo abbastanza raro di cucina socialista del 52 " Fedeli alla linea  Cuochi Cucine e Casalinghe Pasteggiano " 
Ho scovato dopo i vari Blinis i Pirojki, Vatrushki Bortsch. i Rybnaia solianka Zharenno i Parasiolnols, l'Amatriciana, i grechnievoi kasho i Kulibiac Pojarski una ricetta abbastanza rara. 
Quella su come si cucina un cattolico italiano.

Si prenda di notte, prima delle elezioni, dalla casa di devoto cattolico italiano un bambino da latte, non più pesante di sei chilogrammi, possibilmente grasso e biondo. Dopo avergli tolto il crocefisso dal collo, ancora caldo, va  pulito per bene da tutto ciò che e capitalismo. 

Incidete per bene dal bacino  ed evisceratelo in acqua calda a 60 gradi, non bollente, con un pizzico di bicarbonato. 
nella parte svuotata riempitelo con polpette di pollo lesso, panna acida, burro, latte e mollica di pane, dorate nel burro. 

Inseritelo ora in un tegame molto fondo mettendo su a fuoco basso un soffritto di : ghee, aglio, cipolla, chiodi di garofano, timo e paprika dolce, Qb.  

Cuocetelo lentamante a circa 80 gradi nel forno olandese direttamente nel suo grasso, per circa 60 minuti. Se non si è prodotta la crosticina, potete aggiugere  farina miele e senape e spennellare (portando per 5' la temperatura al massimo)  senza coperchio. 


A parte preparate della frutta candita meglio se ciliege e servite con salsa Smitana (a base di panna acida) e patate al burro. 

Il piatto così ottenuto è veramente gradevole anche se molto dolce. 
Come bevanda si consiglia vodka allungata con acqua fredda, o un buon tokai ungherese fresco o vino Moldavo. 
Ruttate e prosit.  

La settimana prossima Negri alla Lega, il BBQ  perfetto. (con variante K.K.K.) 

  

domenica 13 aprile 2014

Il risotto alla Bonarda o risotto della Malora.

Una ricetta ha poco senso, se non ha una storia, un ricordo.
Una sera di tanti anni fa un amico chef di un noto ristorante dei Parioli, Piggi definitosi “un Milanese Dop della bassa”, tra il terzo bicchiere e quello di troppo, mi chiese a bruciapelo: “Cosa distingue la cucina italiana dalle altre nel mondo?”. Pensai fosse facile, e dissi “Lo Spaghetto”; “No”- sorrise -“Si vede che sei un pirla, il riso, anzi il risotto. L'unica cosa che i cuochi internazionali non riusciranno mai a fare come un Italiano, è il risotto”.

Ci pensai durante la resaca della mattina dopo.(Una resaca se refiere a los síntomas desagradables que una persona experimenta después de tomar mucho alcohol) Sarà vera questa storia del risotto?. Come potevo sapere se è quello che diceva Pigi era vero?. Nei ristoranti non lo fanno volentieri il risotto, forse perché servono almeno 20 minuti per servirlo espresso. Siamo però il primo produttore al mondo con oltre 9 specie di riso superfino e tutti di alta qualità. Lo stesso Benjamin Franklin rubò i semi del Carnaroli per ripiantarli negli Stati Uniti d'America. Bisogna provarne uno vero per capire. Nei manuali di cucina il riso presenta cinque/sei modi diversi per prepararsi. Il risotto no. Ne ha uno solo. Nei menu internazionali non l'ho trovato mai. Forse ha ragione Piggi. Ecco il perché di questo amore per il Re della cucina Italica (ovvero quello che gli chef internazionali non saprebbero fare).
Il primo che vi racconto è un risotto alla Bonarda, o il “Risotto della Malora”. L'omaggio personale di Daniele Catozzo Oste e chef della “Osteria della Malora” a Mario Soldati (1906.1999), narratore, regista, scrittore e documentarista.
La ricetta e i suoi trucchi sono il meno, quello che in fondo la rende speciale sono la magia del momento, la compagnia a tavola, il cuore e l'amore del cuoco, la curiosità di chi l'assaggia, mancanti questi ingredienti potreste rimanere delusi.

Pavia. Passato il ponte coperto la strada si dirige verso le risaie di Arborio, Carnaroli e Baldo, a sinistra compare Borgo Ticino, il vecchio borgo. Passando il ponte coperto e la sua statua con la vedetta e mitragliatrice si arriva sino alla Bocciofila. Mi sono immaginato Mario Soldati e la sua Osteria con annesso campo di bocce. Eccolo li col sigaro mentre si beve una Bonarda. O un Pinot Spumante magari seduto a riva, a guardare le linee mosse del Ticino.

La mia idea di Pavia è esattamente questa: Spumanti, Pinot in bianco, Bonarda riso e rane in ordine sparso. Invece Massimo Marcotullio racconta che “il Ticino è come il Mississipi” e in fondo per lui “Pavia è una città che ha del Blues”. Se lo dice lui che è stato assessore alla cultura, e direttore dello stabile lo prendo per vero.

http://www.agrodolce.it/2014/04/12/il-risotto-dellosteria-della-malora

Mi lascio accompagnare da un'atmosfera: “il Blues pavese, Riso, rane, e Soldati che fuma il sigaro mentre gioca a bocce”. C'è una lieve nostalgia, colpa del freddo e di una lieve nebbiolina che sale.


Arriviamo all'Osteria della Malora. Daniele ci attende alla porta. E' un bell'ospite, ci fa accomodare, ci porge un bicchiere di vino (una Bonarda ferma) e ci mostra i segni sul muro, il livello delle esondazioni distinte per livello delle acque e annate, le mostra con orgoglio come fossero delle bottiglie da collezione, o cicatrici di lunghe battaglie. Questo spiega il nome “della Malora” ogni cinque sei anni va tutto sott'acqua. Daniele è nato nell'oltre Po, sposo della figlia dell'oste, dal 1985 è rimasto in cucina. Uno Chef per amore. Ci fa entrare in cucina, rabbocca i calici, “alla salute”. E inizia la preparazione.
Armatevi di una pentola con manico saldo, alta abbastanza da saltare il riso

Dosi consigliate
125 grammi di riso (Carnaroli nel caso) a testa.
1 salciccia (pavese a pasta da salame) senza pelle ogni due persone
1 spicchio di aglio
1 cipolla bianca
sale q.b. o pizzichi uno per persona.
una manciata di maggiorana fresca
una bottiglia di Bonarda vivace che non sappia di tappo.
(possibilmente svaporata a parte con chiodi di garofano e io ci metto anche una buccia di arancia, a gusto personale)
un litro e mezzo di brodo da ossa e verdure, caldo.

Scaldate con l'olio o se vi piace con lo strutto, la padella, a fuoco medio.
Aggiungete la carne di salciccia, aglio e cipolla.
Fate rosolare per 5 minuti senza bruciare, aggiungendo brodo.
Sfumate con un po di vino. Togliete l'aglio.
Saltate frequentemente o girate spesso.
Mettete il riso e il sale assieme e coprite con coperchio, asciugate e tostate il riso fino a quando non cambia colore. (Fuoco basso)
Assorbito per bene il grasso (il condimento) iniziate la cottura aggiungendo spesso il brodo molto caldo ad un massimo di tre quarti senza mai farlo bruciare. Sempre girando.


Dopo 10 minuti circa versate lentamente il vino fino a coprirlo completamente e fate asciugare fino a cottura ultimata 8/10 minuti circa.
Quando il riso risulta al dente aggiungete la maggiorana e toglietelo dal fuoco
Se vi riesce servitelo all'onda su piatto ben caldo.





Il risultato è un risotto rosso e profumato di floreale, con una lieve punta di acido, dovuta al vino. “Questo perché io non lo stempero” spiega Daniele, “queste raffinatezze sono successive al modo di mangiarlo della mia infanzia” e “normalmente lo faccio, ma lo preferisco rustico, come lo faceva mia madre“. Un bel riso davvero. Il mio primo risotto vero, alla maniera cara credo a Mario Soldati, Osteria con annesso il campo da bocce.