lunedì 21 gennaio 2013

dove le vie cambiano nome.



Sono nato a Roma, De Sanctis è il mio cognome. Giorgio, mio padre, lui è nato a Muntich comune di Marcana, durante i bombardamenti, nel 1943 da sfollato. Mia nonna Vittoria Kriśanach mi mostrava la foto del padre, un ufficiale austriaco con dei bei baffoni appoggiato con fare autorevole su di uno spadone – era stato un soldato della prima guerra mondiale, eroe, o disertore ? Non so bene da quale parte, lei cittadina italiana era stata operaia alla Alfa Romeo nelle colonie africane. Sposò Eros De Sanctis romano, che per dovere e per amore, viveva a Pola. Suo cognato Guerino Crisanach visse a Opicina, da bambino mi raccontava di essere stato catturato ad El-alamein dagli Inglesi, non è più tornato a casa sua dal 1936. Nel 1968 Giorgio mio padre tornò nella terra di sua madre a trovare amici e familiari là rimasti, conobbe così mia madre Mira, lei fiumana figlia di Floriano (Svetko) e di Sdenka Pereśa. Mi hanno detto che il padre di Svetko fosse stato catturato in Russia con l'armata Bianca antibolscevica da austriaco, suo cugino era in Russia coll' Armir da Italiano, ma questo non impedì a mio nonno di stare coi partigiani titini, ne a questi di infoibargli un cugino. Da Mira e Giorgio sono nato io. A quale razza appartengo ? sarei Giuliano, slavo non credo, nemmeno istriano, ne esule, italiano lo dice il passaporto e il servizio militare, romano la nascita anche se con un cognome meridionale, ma ho una nonna austriaca, una fiumana, un nonno italiano profugo, l'altro italiano slavo o slavo con nazionalità italiana.  Sinceramente non lo so, e poco mi importa.

Comunque stiano le cose io a Pola ci ho sempre passato le vacanze estive. Ho la casa dei nonni, tra noi parlavamo italiano, slavo e un misto di istro-veneto, il polesano forse. Ricordo le nenie istriane nelle osterie, e le filastrochhe in veneto. “Se il mare fosse un tocjio ” mi ricorda l'infanzia. Ma ha un significato solo per me, se dico “Giuliano” pochi comprendono. Imparai il serbo-croato (oggi una lingua morta) per gli amici quando non bastava l'italiano e l'inglese. Poi dal 1990 al 1994 la Marina Militare Italiana e l'esercito Croato mi sconsigliarono l'espatrio, causa guerra jugoslava.
Mentre nello stesso periodo un mio cugino Silvio Ante o Antich guadagnava suo malgrado una medaglia sui monti vicino a Plitvice, dice lui, sparando a un cinghiale.
Tornato nel 1996 nella casa che era stata dei miei nonni, che all'ingresso conserva la scritta leggibile sotto una volontariamente sbiadita aquila bi fronte l'anno di costruzione “1904”, Invito degli amici, e do l'indirizzo “Beogradska Ulica 55”. Non mi trovano, se non dopo un paio d'ore e al terzo giro dell'Arena.
I due esasperati incontrano un anziano signore che parla italiano e capiscono che nella nazionalista Croazia “Beogradska” ha fatto il suo tempo. Il gentile vecchietto spiega : “sè drio San Francèsco in zima al colle San Martin la incrociava via mazzini, ma ora la scrivi Vukovarscka e la finisce sulla Sklola Tesla”.
Gli amici nel raccontarlo ridevano, del vecchio, della sua strana lingua e della stramba toponomastica... io meno.
Ho conosciuto tantissimi figli e nipoti di Giuliani, o regnicoli, semplici sfollati.
Per qualche strano motivo me li sono spesso trovati colleghi, più spesso amici e dopo anni di frequentazione ho scoperto conoscevano l'esodo, poco o niente. Ci accomunava una
sensazione di smarrimento, di fastidio ogni qual volta si rimette piedi di là. Una sensazione di non sapere in che punto si è , chi si è.  Con gli anni le esperienze ti cambiano e le sensazioni si affievoliscono, si tende a pensare ad altro, a cose più importanti.

Recandomi al piccolo cimitero della Marina di Stoja a Pola, dove allineate in un ordine militare e per data di decesso, si susseguono per Fato. La stanno sepolti i marinai caduti in tre guerre. Mussulmani, cristiani cattolici e ortodossi, ebrei, ricordati da epigrafi con caratteri latini, gotici e cirillici, anche i cognomi sono mischiati, diversi anche nella stessa famiglia. Arrivato alla vuota tomba di Nazzario Sauro, mi è tornato in mente il racconto di Montanelli, del suo gemere, disparato nel vedere portare via addirittura i morti dal cimitero. Nazionalismi, fedi religiose, idee politiche, fanatismi hanno inutilmente martoriato queste terre. Dopo anni ho pensato che non ci fosse un reale colpevole o chi accusare, fascisti titini o altro. Avidità, supremazia e orgoglio nazionale una voglia di appropriarsi del mondo. Ai miei nonni sofferenti perchè non capivano, in quanto non c'era nulla da capire, a quanti hanno visto togliersi l'identità, la casa e il loro legame con la loro terra, a quelli che ancora oggi emigrano e stavolta il nemico è la disoccupazione, a loro pensavo a queste genti e ad altre uguali ovunque, così non mi sono sentito più solo, purtroppo.      

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