giovedì 10 aprile 2014

Dialogoi sui codici a barre


La difficoltà di entrare in un supermercato, me la sono spiegata con il fatto che non riesco più a vedere una connessione logica tra cibo e tavola. 
La necessità, la piacevolezza dell'oggetto “alimento” non derivano più dalla fonte prima “la natura” l'agreste campo, sono indotti, invece, dalla figura rappresentata sulla confezione. 
Quindi l'acquisto del prodotto è indotto dall'immagine che questi ci mostra. Colorata, vivace, magnifica strasbordante di promesse. 


Com'è ovvio, l'immagine è eterea, fallace, apparente, cioè non si trasforma mai in realtà, salvo nel momento del conto, cioè nella commisurazione economica dell'acquisto (la fila alle casse). È la delusione di una promessa non mantenuta di un mondo migliore, dove la panna è perfettamente bianca, l'hamburger non brucia mai, dove la cucina necessita di quattro minuti attenzione al massimo, dove si è indotti a pensare che sia inutile mangiare e che bisogna dedicarsi all'edonismo e al divenire più belli e pimpanti, che invece cozza con la cruda realtà di prodotti creati ad arte pregni di sofisticazioni, di immagini e di rimandi esotici, che si materializzano in un piatto di portata precotto in perfetto stile “mensa aziendale e/o ospedaliera”, che ci toglie uno dei piaceri della vita: il desco e la compagnia.

Un altro aspetto curioso del supermercato è la promiscuità delle merci, in una euforia di consumo convivono tranquillamente arredamento,cibo, piccola ferramenta, merceria, bicchieri, cassette per registratori audio/video, pane in cassetta e altro ancora. 

Tutti ordinati in file di 20 metri per due piuttosto anonime, salvo per una scritta che troneggia all'inizio della stessa, come per la statale: pasta km2, prossima uscita Biscotti, rallentare code nello scatolame, Dio c'è. 



Oggetti che, anche se trovano una degna giustificazione nel packaging, nascondono, se osservati con attenzione, un umanità degna del modello unico del ministero delle finanze. Portano sul retro etichettato tra i codici a barre, le scritte d'uso per lo più incomprensibili, minacciose per alcuni : e240, e330, leticina di soia, antiossidanti, riga f redditi da fabbricati, aromi naturali e no, e infine il fatidico “da consumarsi preferibilmente entro il” , ovviamente dall'altra parte. La data è spesso più vicina al Giubileo che alla tavola. 
In queste pile di merci io mi perdo dispero, mi confondo, dimentico cosa sono venuto a fare, cosa volevo in origine; rimango affascinato dalle tecniche di vendita, dimentico la provenienza dei prodotti esposti, la trasformazione che hanno subito di alcuni mi capita di non saperne neanche lo scopo pratico.

Rifletto. Trovo fantastico il fatto che ci nutriamo di Mais e dei suoi derivati, con odore e aroma di ammoniaca, di cui sono intrisi quasi tutti (l'85%) dei prodotti del banco, o con buste di insalata, tanto vicine alla fragranza della plastica da portarti a pensare di masticare le buste stesse, o delle puree in candido alluminio dal vago sapore di ospedale, dov'è la patata ?. Osservo il tetrapack, triste nel contenitore di latte UHT tutti, indipendentemente dalla marca, anonimi e insapori; il caffè rigorosamente “più buono”, ectoplasmi di tonni stressati che si tagliano con grissini, biscotti dalle forme di astronavi, missili e stelle, al sapore di crusca di cereali e di aloe Vera, ma raramente di biscotto. Le conseguenze di questa mancanza profonda di naturalezza fa sì che bambini di cinque anni credano che i polli abbiano quattro zampe. 
(N.b. il pollo è un bipede). 


Non avendo esseri umani con cui confrontarmi nel supermercato, nell'autostrada alimentare, dove il telefonino diverrà il prossimo telepass, dove nessuno ti risponde alla semplice domanda: che diavolo è la leticina di soia ?”. il cassiere casellante non è in grado di garantire che se fa schifo te lo cambiano. 

Ho parlato con gli oggetti nello scaffale. Ho dato del tu al barattolo, litigo di politica con la maizena, mi faccio raccontare dal prosciutto com'è e dov'è San Daniele del Friuli. 
Loro non mi hanno risposto, ho sorriso così anche nel supermercato. 

Se e quando vedete a supermercato qualcuno dialogare col barattolo, non vi preoccupate, nell'era della comunicazione questo è almeno per me possibile. 
Potrebbe essere almeno per me una soluzione per la Gda creare prodotti parlanti, movibili auto promuoventi. Così mentre tornate a casa i pomodori vi raccontano del Vesuvio, vi forniscono anedotti culturali da scaricare con Le App., l'abbinamento col vino, e il metodo adatto a cucinarli. 

In fondo che vi frega di pensare?. 
Ci pensa il marketing per tutti noi. 





venerdì 4 aprile 2014

L'applicabilità della legge di Murphy.

Non credevo fosse vera …alcuni la conoscono bene, altri l'hanno letta sganasciandosi. Nella sua reale completezza ha una cera e sicura manifestazione. Esiste essa è. Ha un solo antitodo la risata.

Lunedi mattina sono in ritardo, la macchina l'ho rotta la settimana scorsa anzi l'avrei rottamata se o avessi di che pagarne il conto. Resto e sono in attesa di non so quale miracolo per ripartire, ma insito non mi arrendo. Comunque la giornata è piovosa, è cominciato il freddo.
Inciso : Nel corso degli ultimi tre anni dico tre anni, non una cosa, non una si è manifestata corretta liscia e lineare, il mio proverbiale culo la mia sagacia il mio intelletto sono stati polverizzati davanti alla realtà di un destino misero, nero e profondamente angosciante. Ciò detto.
Ogni qualvolta ho creduto per una nano secondo di raddrizzare la curva discendente che mi sta letteralmente uccidendo, con Branko il capodistriano (quello dell'oroscopo del Messaggero) e Rob Bresny che mi dicono da un mese che è finita (ma finita De chè), comunque decido di fare un ulteriore tentativo, l'ennesimo

Negli ultimi tre anni per svangare il lunario ho fatto di tutto, venditore porta a porta, cameriere, volantinatore folle, bracciante, cameriere, aiuto barista, artista di strada, djs, producer, pubblico televisivo, telefonista, ricercatore statistico, impiegato, magazziniere, corriere per una associazione benefica, pony, fotografo, questuante, verniciatore, edile, tutti lavori durati al massimo tre mesi sempre con stipendi sotto la media della sopravvivenza. Queste cose mi hanno sviluppato una certa caratteristica alla indigenza e una fame notevole.
L'unica cosa che non mi è mai mancata sono i guai.
A quelli sono talmente abituato che alle volte davanti all'ennesima sciagura me la rido.



Ho comprato uno scatolone per metterceli dentro i documenti dei guai in forma cartacea, con su scritto “Dio abbi pietà di me”.
Ora sono determinato a cambiare la scritta con un MO Basta, co'sto “Saturno contro” stampato già per prova sul frigo vuoto. Devo uscire da sta cosa.




Comunque sia la motorella va bene, e parte, per oggi, ho la giacca da neve, se parte bene, poi se riesco vado da Angelino a montare il parabrezza almeno non m'arrivano le secchiate di acqua. Esco e parto. … via verso ROMA CENTRO svalicando le disgrazie sono sicuro che andrà tutto bene ….





mercoledì 26 marzo 2014

Joyce che di osterie se ne intendeva

LIBERO secondo Claudio Magris 
dal Corriere della Sera 2009. 




Joyce, che di osterie se ne intendeva, amava molto quelle triestine, dove spesso la sera beveva più del giusto e arricchiva la sua familiarità con il fluire caldo e impuro della vita, ritrovandolo anche nel farfugliare degli ubriachi e in quella corposa espressione dialettale che sarebbe più tardi riaffiorata nella sua pagina, come per esempio il Conte dalle braghe corte nel Finnegans Wake.



L’uomo, secondo un vecchio detto, è un viandante sulla terra e ogni tanto ama sostare in pace, sedersi in una chiesa o in un’osteria, che a diverso titolo offrono pane e vino e non domandano niente a chi entra, ma lo lasciano riprender fiato. Anche un’osteria può essere un piccolo presepe in cui sostare dopo il monotono e assillante errare della giornata. Una di queste è certo l’amabile locanda in via della Risorta, a pochi passi dalla casa di Joyce. La piccola strada che sale ripida verso San Giusto ricorda, nella sua appartata malinconia, certe vie di Praga, dimesse e misteriose. 


Il proprietario, il mitico Libero ovvero Slobodan, croato italianizzato e la cui famiglia è a sua volta di lontana origine italiana, sarebbe probabilmente imbarazzato se gli si chiedesse di definire univocamente la sua nazionalità. Gli anni di Joyce sono lontani, ma il genius loci si è preoccupato di stabilire una continuità epica con il passato joyciano di quelle strade. Narratore sempre in vena di commentare i bislacchi avvenimenti del giorno, Libero parla una lingua che, sia per le espressioni usate sia per la voce che si mangia le parole in un borbottio progressivamente indistinto, sembra un monologo joyciano, altrettanto difficilmente comprensibile, anche se alla fine ci si accorge di aver capito quasi tutto e comunque di aver afferrato il senso di quel mormorio.


L’osteria ha due stanze; in una, quella dove ci sono anche il banco di mescita e la piccola cucina, c’è pure, sovrastante i tavoli dove si gioca a carte, una finta televisione, una specie di scatolone illuminato che simula uno schermo. Ma è nell’altra saletta, sopraelevata di qualche gradino, insieme desolata e accogliente con le sue panche e pareti di legno, che Libero si siede insieme alla gente con cui vuole conversare, mandando via altri clienti e invitandoli ad andare a bere una birra da un’altra parte, tanto. aggiunge, è ugualmente buona . 

Libero ha avuto una vita varia e colorita, al di qua e al di là della frontiera fra l’Italia e l’ex Jugoslavia, tuttavia non ama parlare di sé, bensì dei progetti e delle invenzioni cui si è dedicato. So bene, mi ha detto una volta nel suo linguaggio irripetibile che ogni traduzione appiattisce, che Lei vorrebbe sentire qualcosa della mia vita, ma non mi interessa, è il mondo che è interessante, non la mia storia. Così, del difficile periodo in Croazia, durante il quale aveva avuto la bella idea, mentre faceva il servizio militare nell’esercito jugoslavo in un momento di tensione politica con l’Italia, di chiedere l’opzione per la cittadinanza italiana. Non evoca i momenti più avventurosi. È libero, come vuole il suo nome, perché non si preoccupa di se stesso ed è quindi preservato dalle ansie e dalle fobie di chi è prigioniero del proprio io. 

Come non è imbarazzato, nonostante la sua età non più verde, quando si tratta di mettere alla porta gente molesta o attaccabrighe, non rimane titubante dinanzi alla realtà . Nella sua osteria si è a casa e se dovesse un giorno chiudere ci si sentirebbe un po’ sfrattati; è uno di quei luoghi in cui si lasciano pezzi della propria persona, come si lascia un ombrello in un caffè, e perdere quei luoghi è perdere un po’ se stessi. Là dentro si sta bene, ma fuori è buio e freddo e, a differenza di quella notte di Natale a Betlemme, non si sentono cori di angeli che annunzino gloria a Dio nei cieli e pace in terra agli uomini di buona volontà. La quiete della strada dove si apre l’osteria fa presto a diventare una deserta e vuota solitudine. E allora anche un canto di santi bevitori può’ essere già qualcosa, un’accettabile supplenza del coro degli angeli”.   

mercoledì 19 marzo 2014

Godzi e FaHrenheit 451.

Godzilla sogna. 
In sogno gli si presenta Dio, tutto coperto di squame, sputando fuoco. Dice a Godzilla che si vergogna di lui. Dice che dovrebbe fare di meglio. 
Godzilla si sveglia madido di sudore.
Nella stanza non c'è nessuno.
Godzilla si sente in colpa. Ha vaghi ricordi di essersi svegliato e di essere uscito a distruggere una parte della città. S'è ubriacato come una zucchina, ma non riesce a ricordare tatto quel che ha fatto. 

Forse lo leggerà sui giornali. Si accorge di puzzare di legna bruciata e plastica fusa. C'è roba appiccicosa tra i suoi alluci, e ha il vago sospetto che non si tratti di sapone.
Si vuole ammazzare. Va a cercare la sua pistola, ma è troppo ubriaco per trovarla. Sviene sul pavimento. Questa volta sogna il diavolo. Somiglia a Dio, solo che ha un sopracciglio che gli passa su entrambi gli occhi. Il diavolo dice che è venuto a prendere Godzilla.
Godzilla si lamenta e lotta. Sogna di alzarsi e di tirare pugni al diavolo, di soffiare inutilmente fuoco contro di lui.
Il giorno dopo Godzilla si alza tardi, devastato dalla sbronza. Ricorda il sogno. Telefona alla fonderia e si dà malato. Passa la maggior parte della giornata a dormire. La sera, legge quello che ha combinato sui giornali. Ha fatto dei danni seri. Ha incenerito una grossa area della città. C'è una foto molto nitida di lui che stacca la testa di una donna a morsi.
Quella sera riceve una chiamata dal direttore della fabbrica. Il direttore ha letto il giornale. Dice a Godzilla che è licenziato.
Godzilla in riabilitazione Joe.  R.  Lansdale 




“Ognuno deve lasciarsi qualche cosa dietro quando muore, diceva sempre mio nonno: un bimbo o un libro o un quadro o una casa o un muro eretto con le proprie mani o un paio di scarpe cucite da noi. O un giardino piantato col nostro sudore. Qualche cosa insomma che la nostra mano abbia toccato,  in modo che la nostra anima abbia dove andare quando moriamo, e quando la gente guarderà l’albero,  o il fiore che abbiamo piantato, noi saremo là. Non ha importanza quello che si fa, diceva mio nonno, purché si cambi qualche cosa da ciò che era prima in qualcos’altro che porti poi la nostra impronta. La differenza tra l’uomo che si limita a tosare un prato e un vero giardiniere, sta nel tocco, diceva.


Quello che sega il fieno poteva anche non esserci stato, su quel prato; ma il vero giardiniere vi resterà  per tutta una vita”. 

Offri al popolo gare che si possano vincere ricordando le parole di canzoni molto popolari, o il nome delle capitali dei vari Stati dell'Unione o la quantità di grano che lo Iowa ha prodotto l'anno passato.
Riempi i loro crani di dati non combustibili, imbottiscili di "fatti" al punto che non si possano più muovere tanto son pieni, ma sicuri d'essere "veramente bene informati".
Dopo di che avranno la certezza di pensare, la sensazione del movimento, quando in realtà sono fermi come un macigno.
E saranno felici, perché fatti di questo genere sono sempre gli stessi.
Non dar loro niente di scivoloso e ambiguo come la filosofia o la sociologia affinché possano pescare con questi ami fatti ch'è meglio restino dove si trovano.

Con ami simili, pescheranno la malinconia e la tristezza.

                                     Fahrenheit 451 di Ray Bradbury 


lunedì 24 febbraio 2014

Zitelle e Sesso nella Roma Bene. La versione italiana di Sex & The City.

Continua la ricerca di un format televisivo americano per cui fare una serie italiana di successo. 

Copia incolla dai testi dei format televisivi americani adattati ad un pubblico strafatto dai serial tv sul sesso ? . 

ho scelto uno dei format più in auge tra le bimbe quarant'enni romane con una buona dose di cinismo e frustrazioen 













Terza serie SEX AND THE CITY  

Come avete letto di "Legge e Disordine" (prima puntata)
Come avete letto di Desperate Housewives -(I segreti di Wisteria Lane),
che però ho versato al maschile facendo riferimento ai disoccupati di tor Pignattara "Preacari disperati".

Come possiamo inquadrare le disperate Housewife italiane ?. 
Intanto in Italia sono tutte Single oramai.
ecco l'idea per Fox "Zitelle a spasso in città". 
Sono zitelle anche quelle sposate che con la crisi economica hanno divorziato, o sono state mollate, per più disponibili e sessualmente vogliose ragazze giovani e meno esigenti. Russe o Slave. 


Innanzitutto non aspettiamoci delle Milf che tanto piacciono (sarebbe troppo facile farle un po' zozzone (le Casalingue di antica memoria 80'). 
Le donne italiane, mediterranee, una volta tese al riconoscimento della bellezza e nella costruzione del focolare, oggi moderne ed emancipate sono passate all'efficienza del consumo e della crisi di nervi dell'attuale generazione.  Ma un Io Iper (efficiente), è quanto di più lontano dal format televisivi e ancor di più dalle loro genitrici. Non da scampo ai pochi maschi liberi, non c'è uomo che sopravviva a tale forza ci vorrebbe un Superman.
Per quanto ne so io (che notoriamente di donne non ne capisco un accidente) le mie impressioni sono piuttosto quelle delle "chat notturne e donne che soffrono"  (un mio vecchio post al riguardo). in continuo aggiornamento? perchè scrivete di notte insonnia ? sesso mancante ? o semplice chat compulsivismo ?   


Mi vanto di essere criptico e di non occuparmi di politica, ma la questione di mi si è rilevata necessaria nell'ultimo periodo. e mi rendo conto di mentire. 


Quindi dopo anni di caotica e infatuata osservazione dell'emisfero femminile ora ne sono certo, sono umanamente incompetente in materia. 


Non per mia colpa. 

Ma è evidente a chiunque non sia con un quoziente intellettivo pari ad una medusa (come Moccia o Verdone per intendersi) che non è umanamente possibile definire una donna ne descriverla come personaggio
Non ne sono stati capaci solo quelli della Tv Americana, soprattutto quelli di Sex and the city. Quindi mettendo le mani avanti perché quattro personaggi sono poco rappresentativi della categoria Zitelle e donne dove la complessità e la schizzofrenia che le identifica è una cosa impossibile da catalogare con una semplice classificazione dei personaggi, una operazione del genere era comunque da tentare.
Quindi farò l'esempio di una Roma alla moda e la propongo come una Sesso estremo in città la versione Italica di Sex and the city.
  
E' una storia di fantasia: ambientata in un posto irreale che potrebbe essere Roma Nord (un luogo che non ha confini geografici ma si riconosce solo per la sua natura Inutile), qui vivono sparse quattro signore: 

La nostra Samantha  
Tale è quale. fa il ministro per un governo di destra, non sa leggere, non sa scrivere, ma è stata sposata con un senatore della Repubblica, il che l'ha messa nella top line dei candidati al ministero della cultura avendo anche per tre mesi fatto la Pr di una discoteca alla moda, e la supplente in un asilo nido avendo il padre insistito (quello stronzo reazionario) a farla studiare da maestra d'asilo. E' la tipica MILF e qui sale lo share (lo dico per quelli di Mediaset). Ha rifatto tutto : culo, tette, denti, labbra, e vagina. Colore dei capelli, è bionda platino. In una puntata il padre ovviamente non la riconoscerà ma solo perché sembra un altra persona. 

Ora il sesso lo fa solo con precauzioni estreme: controlla sempre presso l'agenzia delle entrate gli ultimi anni di reddito depositati prima di un appuntamento. 


La nostra Jessica per me Melissa e chi vuole intendere intenda :  
Blogger su un blog notissimo e followato tantissimo. dove scrive una rubrica di cucina (anche se non sa cucinare). Parla di quanto gli uomini sono delle bestie, sporchi, non tirano mai giù la bicicletta dal soppalco, ne la tavoletta del cesso. Autonoma e bulimica, ha problemi col cibo è vegana, bio, radical chic di Monte Verde e la pensa di sinistra. Ma è molto sinistra solo nei suoi pensierie nel uso delle zuppe di verdura. Cupa e depressa diventa solare solo quando va a fare shopping con le amiche. E' da sempre innamorata di uno che non se la fila proprio, un figlio di papà, allo stato attuale fotografo di moda. 
La sua storia si sviluppa passando per un redattore capo un assessore regionale, un delegato sindacale che poi ci proverà (cattivo) quando farà l'esame (senza superarlo) da giornalista. In fondo Lei una morale la ha (anzi due) Un giorno troverà l'amore e saprà riconoscerlo, quindi cambierà strada onde evitare di fare una minima scelta buona.

La terza : Rebecca ebrea farmacista, sposata bene, grande lavoratrice e chiappe sode.   E' l'iperattiva del gruppo manda avanti cinque farmacie assieme, con successo. Corre tutte le mattine alle cinque. Poi ha i denti bianchi naturali Fa donazioni in Africa, si occupa della madre malata, del vicino di casa, di quattro cani, mangia solo cibi sani. E' bella da morire e brava e non ci credi.    Le altre (ovviamente) la odiano e lei si sente sola. Non l'è riuscito di avere un bambino e ora superati i quarant'anni non ha neanche uno straccio di uomo che la mette incinta.   

Qui l'evoluzione del personaggio è possibile in tutto. Che fine fà ? Mah, legge di natura vuole che le altre la soffocano. O che non riesce proprio Oppure che si innamora di un tossico di eroina e si becca l' Aids. 
Qui c'è da sentire la rete che vorrebbe per Lei troppo figa per essere fortunata. 




La quarta: Roberta avvocato di successo (o cuoca di catering), mora intelligente e di buona famiglia. Sposata con uno tranquillo, che l'ama e le vuole bene.   Quindi lei fa Sado_maso il mercoledì a Prati, e va da un santone il giovedì, ha un amante fisso che la porta nei locali di scambisti il venerdì. 
Sogna di diventare un angelo del focolare e a sentirla voleva tre figli. 
Poi per trovare la pace lascerà il marito che non la capisce. 
In fondo ha ragione.
La cosa buffa è che ci potrei mettere le foto ... 
l'altra cosa buffa è che giustamente quelli della Rai e di Mediaset me la boccerebbero di sicuro.... Perché sembra irreale. ci potrebbe cascare Cacioppo e farne una puntata di Vojager ora gli mando una E mail.  


Alla prossima sto pensando alla versione italica dei Teletubbies ambientata in parlamento Renzi e Mr B. Brunetta mi manca solo il negro :) mah,,,, 
E' stata un'ispirazione improvvisa  
   
             


vi lascio con un omaggio a Moravia su un testo di Francesco Paolo Cianci.  


        

giovedì 20 febbraio 2014

Bronson gruppo nuovo vecchie conoscenze.

Bronson: lo stato delle cose. 


Se l'esperienza conta qualcosa  allora questo è il gruppo che fa per noi.  
Sono vent'anni che giro per Roma, alla fine le facce sono sempre quelle. 
Intervistare i Bronson rimane facile li vedo in giro o li sento da vent'anni, per un verso o per l'altro.


Roma è un paesone di provincia (chi ci vive lo sa).  
Chi sono i bronson ? 

Bronson L è Lara Martelli cantante romana,
I più la ricorderanno in "Orchidea Porpora" 
in quel disco c'erano anche 

Bronson V. 
AKA Vieri Baiocchi (batteria) 

e Bronson P  Pierfrancesco Aliotta (basso) "ma non basso"   che assieme suoneranno anche con MiniK 



A loro aggiungete Giorgio Maria Condemi (chitarra) preso da Operaja Criminale (con Vieri anche qua) 
e Poppy's Portrait ... ed ecco delle vecchie volpi che fanno una reunion e un nuovo progetto. 




"Felicità"  è stata incisa alla prima volta in sala dopo solo 20 minuti di prove ed è quella che abbiamo passato a Deliradio.it in esclusiva, 

Poi arriva il primo singolo "la Provincia"    
che verrà presentato la settimana prossima al Localino Localino di San Lorenzo e venerdi prossimo al Contestaccio 


che dire ascoltarli è stato un piacere e un bel pomeriggio, ci hanno raccontato la loro  
formazione il loro incontro, 
resta solo da andarli a beccare live in giro. 



podcast delle interviste : a Deliradio.it 

www.mixcloud.com/danieledesanctis/coffee-and-cigarettes-con-i-bronson-presentano-il-nuovo-singolo/
www.mixcloud.com/danieledesanctis/la-seconda-parte-dellintervista-ai-bronson-per-il-nuovo-singolo-a-fan-di-coffee-and-cigarettes/














martedì 4 febbraio 2014

Un paese di Vecchi per Vecchi

Un paese per Vecchi 

Ho fatto l'ennesimo esame, un esame andato bene in verità 29/30 non è male. L'ennesima stelletta del riconoscimento che le cose le so, e visto che ho anche esperienza sono una giovane promessa, o meglio per dirla come Flaiano " il solito stronzo". mi è stato dato l'ennesimo riconoscimento, della perversa inutilità di un sistema che ti chiede di sottostare a esami infiniti. Mi chiedo perché mi ostino a farlo, in fondo il nostro è un paese per vecchi. Ho superato la fase di ammirazione dei Maestri e riconosco il fallimento mio e della mia generazione. Osservo questi  vecchi, falliti anche loro ma felici di quello che hanno, che continuano a stare nelle loro sedie scomode, servili e inutili, bravi solo a dirmi che esiste un premio agli sforzi. 
Il premio è quella pacca sulle spalle, un sorriso dentierato e un "Bravo", data da gente che sta li solo perché serve il sistema o è stata raccomandata.
Alle volte è figlia illeggittima di un pensiero utile premiata dal servilismo. 
Sono stanco, annoiato, e mi sento inutile. non so che farmene del vostro Bravo, vi direi dove metterlo. 
Mi sento inutile perché non servo al sistema e il sistema non mi serve, anzi mi opprime, 
L'aver detto che non si faceva così o che le cose andavano cambiate è troppo generico. 
L'avere tentato di migliorarsi e di cambiare in se ancora più deleterio. 
L'unica cosa certa è che il nuovo che avanza è peggio del precedente. Quindi sconfitti due volte. 
La prima dal sistema La seconda dalle idee. Dalle speranze di poter anche per poco cambiare le cose. 
"Che vuoi cambiare ?" . L'ipocrisia. 
I metodi, che sono la corruzione fisica e morale una gerarchia feudale fatta da padroni ignoranti e boriosi. 
I meccanismi nella società fanno si che si premiano i furbi e io furbo non sono. Si premiano le puttane, uomini o donne che siano, io puttana non sono. Si premiano i nipoti. io nipote non sono.         
A me il premio non spetta.  
Resta una sensazione di disagio, quella nel notare che è oltre ogni pensiero umano che si vada avanti così.
E' mai possibile che non imploda il sistema ? Mai una svolta ?.
Si sa che le rivoluzioni sono lente ma inesorabili. Oppure moriranno prima o poi . Io attendo ...
ma ho la sensazione che la prossima ondata sia figlia della prima "Tutto cambia affinché nulla cambi"