Conosco
una città che ogni giorno s'empie di sole
e
tutto è rapito in quel momento.
me
ne sono andato una sera
nel
cuore durava il limio delle cicale
dal
bastimento verniciato di bianco
ho
visto la mia città sparire
lasciando
un poco un abbraccio di lumi
nell'aria
torbida sospesi
Cara
Anna,
prima
ancora di prendere contatto con l'italia, io la conobbi
nell'immaginazione fervida della mia infanzia nella suggestiva
aureola che circonda l'esodo si andava maturando il mio amore per
Lei. Anch'io un giorno sarei partita con quella Nave che avrebbe rese
concrete le mie scorrerie fantastiche … Papà non volle andarsene
per via della barca e della pesca, nonna per la casa, il suo
regno... la amava con assoluto trasporto, proprio come io l'amo
adesso che l'età è una cosa sola coi luoghi sono contenta di essere
sicura di morire qua dentro, come fu contenta lei.
Cara
Nelida,
ci
imbarchiamo di sera. Di nuovo grigio, pioggia gelo, silenzio,
scialli, ombrelli. Qualcuno per non pensare per non parlare, tira
fuori le carte e una bottiglia di vino. I pensieri il dolore è
troppo grande: c'è bisogno di alcool per farli tacere. E la notte
stivati come sardine, in centinaia, uomini donne bambini che fingono
di dormire, e fingono di non piangere, tutti resi uguali dallo stesso
dolore, e dalla stessa paura...
Care
Anna,
all'esodo
eterno punto di riferimento, quello che separa il prima dal dopo,
sono seguiti l'impreparazione al destino che ci ha colti, la morte
delle cose, la desertificazione della vita, solo parole dall'altra
lingua, parole che occupano tutto lo spazio sociale. E' come buttar
sale in mare spender parole per far valere i proprri diritti.
Un'ampia fetta di umanità è soggetta all'ubbidienza cieca a un
costume implacabile, a leggi che non capisce affatto. Tutta la città
è codificata nell'altra lingua, però, nella parte vecchia gli
anziani hanno memoria della cittadinanza precedente, punto per punto,
nella successione delle case, una partitura musicale di cui non si
può spostare o cambiare alcuna scrittura stinta. Nel loro presente
che non sa e non può dimenticare si ubiqua largamente il passato.
e,
poi finalmente arrivano gli americani mamma, papà adesso è davvero
finita la guerra?
Si
adesso è finita, speriamo … e gli americani grandiosi nello stesso
modo ad organizzare bombardamenti e feste, s'impegnano nelle
pubbliche relazioni con la popolazione... i soldati ridevano e ci
invitavano a sollevarci sulle punte dei piedi per arrivare ad
addentare una mela, senza toccarla con le mani. E con loro ridevano
anche noi bambini. E mangiavamo: le bocche, le guance, le mani
finalmente sporche di zucchero, di cioccolata, di un orribile gelato
troppo verde troppo rosso, troppo giallo.
Cara
Nelida,
Oggi
ho chiesto a mio padre: adesso che sono grande, spiegami quello che
non mi hai spiegato da bambina, o che io non ho capito : che giorno
era quando l'esercito slavo, alla fine della guerra, ha occupato la
città di Pola ?. Mio padre mi ha guardato in silenzio, la sua
espressione ha perso la serenità, gli occhi si sono oscurati...
pensavo che non volesse parlare, poi invece ha iniziato: “sono
arrivati :avevano ciabatte invece che le scarpe, trascinavano i piedi
anziché sollevarli, chissà saranno stati stanchi. Venivano dalla
Bosnia, dal Montenegro, si erano imposte marce forzate per occupare
tutto il possibile prima degli americani... ebbi paura e decisi di
tornare a casa: perchè vidi, insieme a loro, quelli che da sempre
sapevo essere le spie, quel tipo di croati che sotto il fascismo
erano sttai zitti senza protestare e nel frattempo andavano
compilando le liste di coloro contro i quali vendicarsi. E tra
questi c'erano si i funzionari fascisti, ma anche semplici impiegati
del Comune, o commercianti. La colpa l'unica colpa era quella di
essere Italiani, - e infatti subito dopo cominciarono: venivano di
notte e prelevavano la gente. Ogni luogo, ogni casa aveva la sua
vittima: ogniuno ha sentito, una notte o l'altra dei quarantacinque
giorni di occupazione jugoslava, i colpi di quelli alla porta di
quelli che bussavano per portare via qualcuno, e i pianti delle
donne.
Cara
Nelida,
Io
nata a Pola in Istria. Alla nascita, una condizione borghese quasi
felice. Poi la guerra, la fine della guerra, il Trattato di
pace. E l'esodo. Insieme a trecentocinquantamila di cui si sono perse
in larga misure le tracce, mentre il loro mobili, le stoviglie gli
album di fotografie con la storia della loro vita e le innocenti
scommesse fallite sul futuro, rimanevano a marcire nei silos a
Trieste...
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